Salasso tra le macchine per cucire "Costi folli, un’impresa resistere"

Ha superato il lockdown producendo mascherine, ora si trova davanti spese sempre più insostenibili. La storia amara di un’azienda tessile di Codigoro che realizza capi firmati per donne e ragazze

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Se lo ricorda bene quel periodo. Il lockdown, il deserto nelle strade, il crollo del mercato. Dalla mattina alla sera non andava via un abito, nemmeno una gonna. Indossare un tubino davanti ad uno specchio, nella solitudine di una stanza, non fa una signora. Lei e suo padre, 27 dipendenti con il volto cupo nel silenzio delle macchine per cucire, non sapevano più cosa fare, come uscirne. "Era tutto fermo, abbiamo rischiato di chiudere", va al periodo nero che si è dipanato da marzo 2020 al 18 di maggio delle stesso anno Debora Trapella, titolare dell’impresa ’Confezioni Mia’, azienda tessile di Codigoro che realizza capi firmati per donne e ragazze, abiti con il marchio di Valentino e Dolce & Gabbana. Capi che facevano girare la testa prima che la pandemia chiudesse il coperchio di un’economia fiorente. Ma Debora, 34 anni, non si è persa d’animo. "Abbiamo convertito la produzione e ci siamo messi a fabbricare mascherine, con un nuovo codice Ateco. Un cliente di Firenze ci forniva il materiale e veniva a ritirare i prodotti. Così ci siamo salvati". Non le sembra vero che, dopo aver superato facendo appello al suo coraggio, quel momento nero ora sul suo orizzonte si stiano per addensare nubi altrettanto scure. "Il lavoro adesso c’è – commenta con amarezza –, ma tutto è diventato caro. Non si trovano le materie prime, le spese sono diventate insostenibili. Prima c’era il lockdown, ora dicono che è colpa della guerra in Ucraina. Ci siamo trovati a pagare bollette da capogiro, sembra che nessuno si preoccupi degli effetti di questo scenario sull’economia, sulle imprese che rappresentano l’ossatura di un Paese. Ogni giorno – prosegue – facciamo fatica ad andare avanti, tanta fatica. Le spese crescono, la materia prima arriva con ritardi sempre crescenti. Ma come si fa a pagare 7-8mila euro di luce al mese, è una doccia fredda. Tra l’altro proprio per la guerra ci siamo persi anche una fetta di mercato".

Debora Trapella si guarda attorno, vede il suo mondo fatto di ago e filo, manichini, passione misurata con un metro da sarta. E scuote la testa. "Mio padre da anni porta avanti un laboratorio – sottolinea – e io ho deciso di seguire i suoi passi e di entrare nel settote con un’impresa tessile. Riforniamo le grandi marche da donna, è un lavoro che mi piace. Ma continuare ad andare avanti in queste condizioni è disarmante. Non hanno agevolato in alcun modo le aziende e anche se ti rimbocchi le maniche dalla mattina alla sera il fatturato non può certo essere quello registrato negli anni pre-Covid. Una situazione già difficile, mancava solo la guerra. Magari a settembre ci troveremo ancora qui, tra le macchine per cucire a produrre mascherine".

Mario Bovenzi