Ferrara, sanitari aggrediti al pronto soccorso. "Abbiamo paura"

I sindacati: "La situazione non migliora e le aziende tacciono. Bisogna potenziare il personale"

Grande difficoltà per il personale del pronto soccorso (Foto di repertorio Zeppilli)

Grande difficoltà per il personale del pronto soccorso (Foto di repertorio Zeppilli)

Ferrara, 24 agosto 2019 – «Ogni giorno, quando entriamo in servizio, sappiamo che dobbiamo prenderci la nostra dose di insulti. Questi non sono più luoghi di cura. Sono campi di battaglia». Mirella Boschetti, responsabile provinciale della Fials, conosce bene le problematiche che ogni giorno infermieri e personale sanitario devono affrontare. Aggressioni e violenza (soprattutto verbale ma non solo) sono all’ordine del giorno. Il pestaggio del medico avvenuto nei giorni scorsi all’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli è solo la punta di un iceberg che riguarda molte aziende sanitarie in giro per lo Stivale. Ferrara compresa.

L’ultimo episodio si è verificato nei giorni scorsi all’ospedale di Cento, con medici e infermieri aggrediti da un esagitato. In gennaio, invece, all’ospedale del Delta una visitatrice che pretendeva di rimanere in reparto fuori dall’orario di visita ha picchiato ben due infermiere nel giro di pochi giorni. «È un problema complesso – sbotta Boschetti –. Abbiamo fatto sensibilizzazione e dei sit-in negli ospedali ma la situazione peggiora. La violenza continua nell’immobilismo delle nostre aziende sanitarie».

L’attacco della sindacalista descrive l’esasperazione di una categoria che vive e lavora in prima linea. Ogni giorno, infermieri, medici e operatori sanitari (soprattutto nei pronto soccorso) devono fare i conti con una violenza, «spesso sotterranea e strisciante» fatta di «insulti, minacce più o meno velate e affermazioni di disprezzo». Fatti che spesso cadono nel vuoto o sui quali si sorvola in nome di quella priorità assoluta che si chiama salute. Ma che comunque si fanno sentire sulle spalle degli operatori. La radice del ‘male’, secondo Boschetti, è da ricercare in primis nelle condizioni di lavoro dei ‘camici bianchi’. «Spesso – osserva – a causa della carenza di organico non riusciamo a soddisfare i bisogni dei pazienti in modo rapido. E questo crea forti attriti». Un problema ben noto anche a Erika Salvioli della Cgil-Fp.

«Il 75% del tempo che si passa in pronto soccorso è fatto di attesa – spiega la sindacalista –. È in queste fasi che nasce la violenza. Per questo ritengo che con il miglioramento del pronto soccorso si possa ovviare anche a questi problemi». Già, ma come fare? Secondo Salvioli l’unica strada è il potenziamento degli organici e l’inserimento di una sorta di ‘intermediario’ tra paziente e sanitari. «Servirebbe un infermiere che si occupi di gestire la sala d’attesa – aggiunge –, fornendo un supporto ‘relazionale’ e sanitario a chi aspetta».

Al fianco di questo, urgono un «potenziamento degli organici» e «l’implementazione dei servizi territoriali per evitare che gli ospedali si ingolfino di casi non gravi». Per migliorare la situazione nei pronto soccorso, di recente la Regione ha stanziato 350mila euro per l’Ausl e 500mila euro per il Sant’Anna. Fondi sull’utilizzo dei quali la Cgil ha già chiesto chiarimenti. L’altra arma per contrastare la violenza in corsia, secondo Salvioli, è la formazione. «Stiamo organizzando per ottobre un corso sulle relazioni con gli utenti. Il messaggio da lanciare è che il personale non è il nemico. È il sistema che va cambiato».