Che differenza c’è fra un regime autoritario e un regime totalitario? Mario Soares, politico socialista portoghese di primo piano, spiegò la differenza con un esempio. Nel primo caso, pur non potendo svolgere attività politica, puoi continuare ad esercitare la tua professione e vivere la tua vita privata (come fecero molti antifascisti italiani, da Gronchi a Parri). Nel secondo caso, come nella Germania nazista o nell’URSS, ti viene tolta ogni libertà e rischi di finire nella miseria (o peggio). Leggendo l’intervento di Davide Nanni, che ricorda le figure di Savonuzzi e di Torboli, ho riflettuto sul fatto che il primo, durante il fascismo (quello del Ventennio) mantenne l’incarico prestigioso di Ingegnere Capo del Comune di Ferrara, mentre il secondo ricoprì l’incarico di Ragioniere Capo. Una situazione del genere sarebbe stata immaginabile nell’Urss o nella Germania hitleriana? Come ha fatto Walter Veltroni, credo che sia corretto - senza alcun intento assolutorio - definire il fascismo “regime autoritario” (fino al 25 luglio 1943, dopo fu un’altra storia) e non totalitario, oltre che fenomeno complesso e dalle mille sfaccettature. Si pensi ad esempio che le odiose leggi razziali permettevano agli universitari già iscritti di completare gli studi (come fece Bassani, che si laureò nel 1939). Cialtroneria del regime? Mancanza di coerenza? Esempio di scelte contraddittorie e illogiche? Qualcuno può immaginare una situazione del genere nella Germania nazista, con studenti ebrei a cui veniva consentito di laurearsi ? In Italia, invece, se già iscritti all’Università, gli studenti ebrei potevano, come Bassani, conseguire il titolo finale, salvo poi essere oggetto, post lauream, di odiose discriminazioni. Il fascismo fu, in sintesi, fenomeno di tipo autoritario (da condannare) che non può tuttavia essere liquidato come uno dei tanti regimi totalitari del ventesimo secolo.
Mauro Marchetti