Scoperta la ‘boutique’ delle calzature rubate

I carabinieri hanno denunciato tre persone: due sono dipendenti della Berluti. Facevano sparire calzature di lusso e le rivendevano online

Migration

di Federico Malavasi

In una boutique quelle scarpe griffate sarebbero costate dai 1.300 euro in su. Non certo un prodotto per tutte le tasche. Ma, a saper cercare negli angoli più reconditi del web, si poteva trovare lo stesso prodotto a metà prezzo. E non parliamo di grossolane imitazioni ma del pezzo originale. Come era possibile uno sconto di questa portata? I manager della Berluti – la nota manifattura di scarpe e accessori con stabilimento a Gaibanella e che fa capo al colosso Vuitton – ci hanno messo diversi mesi per scoprirlo. La verità emersa dalle indagini dei carabinieri del nucleo investigativo è tanto banale quanto sconcertante. Due dipendenti dell’azienda rubavano le scarpe e un terzo complice le vendeva sul web. Ad affare concluso, si spartivano i proventi. Vista la natura dei prodotti, stiamo parlando di un giro illecito di valore ragguardevole. Nel corso delle perquisizioni, i militari hanno recuperato scarpe e pellame per un valore di oltre quattrocentomila euro. Ma è verosimile che il volume d’affari fosse molto più ampio. Il danno arrecato alla società è ancora in fase di quantificazione ma si parla di diverse centinaia di migliaia di euro.

Le indagini degli uomini dell’Arma, coordinati dal procuratore capo Andrea Garau, hanno portato alla denuncia dei tre presunti responsabili. I reati contestati sono furto e ricettazione. Due di loro, come anticipato, sono dipendenti della Berluti. Si tratta di un uomo di 53 anni della provincia di Rovigo e di una donna di 45 anni residente a Ferrara. Il terzo è un polesano di 28 anni, unico esterno alla società. Ognuno aveva un ruolo ben definiti. Il più giovane si occupava della pubblicazione degli annunci per la vendita delle scarpe di lusso. Si nascondeva dietro un nickname (‘Lippomano’) registrato su internet e genericamente localizzato nel Milanese. Gli altri due provvedevano a rifornirlo dei prodotti da mettere in vendita a metà prezzo. Articoli che i due rubavano dai reparti di produzione e tenevano nascosti in casa fino all’avvenuta vendita. A insospettire i manager dell’azienda sono stati proprio alcuni annunci online sospetti, pubblicati negli ultimi due anni e riguardanti prodotti del loro brand. Per vederci chiaro hanno quindi attivato il proprio servizio di sicurezza per monitorare la produzione e, in seguito, si sono rivolti a un’agenzia di investigazioni per capire la natura e la provenienza dei prodotti.

Una volta compreso che non si trattava di falsi, hanno sporto denuncia ai carabinieri. I militari si sono così messi al lavoro. A partire da febbraio hanno avviato una serie di accertamenti informatici che li hanno portati fino all’identità del gestore degli annunci su internet. Un lavoro complicato dal sopraggiungere del lockdown, fase in cui l’attività del gruppo ha avuto una battuta d’arresto. Con la ‘fase 2’, gli investigatori dell’Arma hanno chiuso il cerchio intorno ai dipendenti infedeli. Mercoledì è scatto il blitz. All’alba i carabinieri hanno eseguito perquisizioni a casa degli indagati e in azienda. Nelle abitazioni hanno trovato 131 paia di scarpe e due quintali di pellame pregiato, materia prima per confezionare calzature e accessori. La refurtiva è stata restituita ai legittimi proprietari ma l’attività degli inquirenti non si ferma qui. È infatti lecito pensare che i fatti ricostruiti siano solo la punta di un iceberg ben più profondo.