Non era in aula ieri – perché si sta curando in un centro di recupero – per l’apertura davanti alla Corte di Assise del processo che la vede imputata dell’omicidio volontario del suo piccolino. Non c’era Amanda Guidi, ferrarese di 31 anni, accusata di avere soffocato nel lettone dell’appartamento di via degli Ostaggi dove all’epoca viveva con i suoi tre figli, il più piccolo di un anno. C’erano i suoi legali, gli avvocati Marcello Rambaldi e Alessio Lambertini, il pubblico ministero Ciro Alberto Savino e il legale di parte civile che assiste l’ex compagno della donna e padre del piccolo, l’avvocato Alessandro Gabellone. Tutte le parti hanno chiesto alla Corte presieduta dalla giudice Piera Tassoni, che l’imputata venga sottoposta a una perizia psichiatrica. Richiesta che è stata accolta. La Corte ha individuato nello psichiatra Renato Ariatti e nello psicologo Marco Samory i due periti incaricati di valutare l’imputabilità della giovane madre, il suo grado di pericolosità sociale e la capacità di stare in giudizio. L’incarico formale sarà assegnato nel corso della prossima udienza che è stata fissata per il 6 dicembre prossimo.
La tragedia. Erano gli ultimi giorni di giugno del 2021 quando al 112, la madre lancia l’allarme. I militari dell’Arma raggiungono l’abitazione e la trovano in stato di choc e con i polsi feriti a causa di un tentativo di suicidio: in lacrime racconta inizialmente di essere state lei a uccidere il piccolo per poi ritrattare in seguito. Affermazioni che, però, sul momento non potevano essere ritenute attendibili, visto lo stato di agitazione della giovane madre. In un secondo momento la donna viene iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario e le successive indagini racconteranno che il piccolo è morto soffocato con un oggetto soffice, un lenzuolo presumibilmente. A giugno scorso, due anni esatti dopo la morte del figlioletto, arriva il primo verdetto di un giudice, il gup Silvia Marini: la madre è rinviata a giudizio davanti alla Corte di Assise per essere sospettata di avere soffocato il figlioletto di un anno mentre dormiva con lei nel lettone.
Il processo. La Corte che si è costituita ieri dovrà valutare quanto accaduto tra il 17 e il 18 giugno 2021 in quell’appartamento alla prima periferia della città, dove i carabinieri trovarono il piccolo Karim senza vita e la madre in forte stato di agitazione. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la donna avrebbe soffocato il figlioletto premendogli la mano o un altro oggetto morbido su naso e bocca. Agli atti ci sono anche due consulenze di parte con conclusioni diverse. La prima è quella dello psichiatra forense Luciano Finotti, incaricato dai pubblici ministeri Lisa Busato e Isabella Cavallari, che all’epoca seguivano il caso. Il tecnico della procura ha evidenziato un vizio parziale di mente – la donna sarebbe affetta da un disturbo di personalità borderline, oltre ai problemi legati all’abuso di stupefacenti – e ne ha sottolineato la pericolosità sociale. La consulenza richiesta dai difensori della 31enne ha invece messo in luce una totale incapacità di intendere e volere. Toccherà quindi ai periti nominati dalla Corte dirimere questa discordanza.
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