Covid, la ricerca: "Solo lo 0,1% dei guariti si riammala, immunità testata fino a 14 mesi"

La ricerca condotta dal Dipartimento di Scienze mediche di Unife con l’Ausl di Pescara. Il professor Lamberto Manzoli: "Su un campione di oltre 7mila persone, 24 si sono reinfettati"

Tampone Covid

Tampone Covid

di Silvia Giatti

FERRARA

Meno di una persona su mille casi di coloro che hanno avuto il Covid si riammala. È la conclusione dello studio condotto dell’Università di Ferrara in collaborazione con l’Ausl di Pescara e diretto dal direttore del Dipartimento di Scienze mediche di Unife Lamberto Manzoli, pubblicato poche settimane fa sulla rivista scientifica "Journal public health" di Oxford.

Professore, quali conclusioni trae la sua ricerca?

"Che su oltre 7mila persone che hanno avuto il Covid e dopo averle osservate dal terzo mese in poi dopo aver contratto il virus, solo 24 di queste, di cui uno è deceduto, si sono reinfettate".

Chi contrae il Covid dunque possiamo dire che è immunizzato anche contro le varianti?

"Le rispondo che la nostra ricerca ha iniziato a svolgersi da marzo 2020 a maggio 2021 e dunque fino ad allora, con la variante ‘Alfa’ in circolazione e la ‘Delta’ che si stava iniziando a diffondere abbiamo notato che solo lo 0,3% di coloro che hanno contratto il virus si è reinfettato e se andiamo a contare chi invece reinfettandosi ha avuto di nuovo la malattia la percentuale cala ancora arrivando a meno 0,1".

Uno studio che arriva ad una conclusione importante.

"Questo studio, peraltro condotto con i numeri reali di coloro che hanno contratto il virus nel capoluogo abruzzese e grazie ai dati forniti dall’Azienda sanitaria, credo sia importante per due motivi: il primo sta nel fatto che questa ricerca è quella che per più tempo ha analizzato i malati di Covid, ovvero almeno dodici mesi di ‘follow up’ siamo soliti dire noi studiosi".

E il secondo motivo?

"Sta nel fatto che abbiamo monitorato con molta attenzione i giovani che non hanno registrato nessun caso di persone reinfettate. Ma tutto questo va a confermare una cosa che per noi epidemiologi si sa da almeno una decina di anni".

E cioè?

"Che chi contrae un coronavirus ha un’immunità molto duratura".

Spieghi meglio.

"Penso all’influenza, ad esempio. Quando uno contrae quel ceppo di malattia poi è molto improbabile che possa prenderlo di nuovo".

E allora perché ci vacciniamo?

"Perché ogni anno il ceppo dell’influenza cambia e dunque quella che abbiamo contratto l’anno prima non ci copre dalla probabilità di contrarre quella dell’anno dopo che è quasi sempre di un altro ceppo".

Se caliamo questo ragionamento sui vaccini per il Covid, cosa deve fare allora chi ha contratto il virus?

"Sicuramente per gli anziani il vaccino è importante per farli stare tranquilli, per gli altri la vaccinazione non è strettamente necessaria".

E sulle varianti che cosa ci può dire?

"La ricerca non ha preso in considerazione questo aspetto ma solo quello della possibilità di reinfettarsi una volta avuto già il Covid".

Ma la Delta sembra che possa ‘bucare’ i vaccini.

"Guardi se per le altre varianti l’immunizzazione da vaccino copre ad oltre il 90% sulla Delta possiamo pensare che sia un po’ meno efficace ma parliamo pur sempre di un una copertura fra il 70 e l’80 per cento. Un vaccino influenzale di solito copre per il 50%".

Ci sono altri studi che confermano i vostri dati?

"In Italia almeno un altro ed è stato condotto su due ospedali della Lombardia: in quello di Magenta e Legnano".

La differenza fra queste ricerche?

"Che noi abbiamo osservato i positivi molto più a lungo e ad almeno tre mesi dall’aver contratto il virus. In alcuni casi siamo arrivati addirittura a 14 mesi di osservazione. E poi abbiamo voluto fare, come già ho detto, un focus sui giovani, un campione fatto da circa 850 persone, che, ripeto, non si reinfettano".

In conclusione?

"Lo studio ha fornito dati molto confortanti sulla durata dell’immunità e se altre ricerche come la nostra lo dimostreranno potremmo arrivare a dire che il rischio di riprendere la malattia per chi l’ha già avuta è molto basso, ma il rischio zero non esiste".