di Federico Di Bisceglie
E’ una storia di fango e speranza. Di quelle che, nel dramma, restituiscono fiducia. Tra gli alluvionati della Romagna si arriva in punta di piedi, ma con gli stivali ben calzati. "Abbiamo visto le immagini alla televisione, abbiamo sfogliato i giornali. Non ci potevamo credere. Fermi non potevamo stare".
Macchina, vanga e un sorriso per tutti. Daniele Botti, giovane imprenditore di Ferrara parla al plurale. Sì, perché nei giorni scorsi, appena apprese le notizie delle alluvioni terribili che si sono abbattute sulla Romagna, ha chiamato un suo ex compagno di squadra di rugby. "Ci vuole anche della forza fisica", dice con una consapevolezza a metà tra l’ironico e l’amaro. La spedizione a cui Botti e il suo amico si sono uniti era composta da una trentina di persone. Le destinazioni erano due: Lugo e Castel Bolognese. A lui e al suo ex compagno di squadra è ‘toccato’ Lugo. Botti non è la prima volta che si prende su e raggiunge i luoghi "in cui c’è bisogno di tutto". Riavvolgiamo il nastro. Era il 2009. La Terrà tremò fortissimo. "Saltai la scuola – racconta Botti – perché avevo capito che a L’Aquila c’era bisogno disperato di persone che aiutassero i terremotati. Mi presi su e andai nel campo della Caritas. Stetti là qualche giorno. Fu come camminare in mezzo all’Apocalisse". Non è tanto diverso lo scenario che si è trovato dinnanzi in Romagna.
"La situazione è davvero grave – spiega – il lavoro per levare fango e acqua dalle strade, dalle case, dalle strutture, è immane. Ci sono tantissime persone che fortunatamente sono andate in Romagna ad aiutare gli alluvionati. La richiesta, tuttavia, è costante". Le cose da fare sono tantissime. "Abbiamo spostato divani – prosegue nella narrazione – abbiamo sollevato pianoforti, svuotato intere case sostanzialmente". Curioso, nella sua drammaticità, il caso della cantina allagata e piena di pellet. "Due residenti a cui abbiamo offerto il nostro aiuto – così Botti – ci hanno chiesto di liberare la cantina, completamente allagata, dentro la quale era contenuto un grandissimo quantitativo di pellet per alimentare la stufa. L’avevano comprato, ci hanno spiegato, per far fronte al caro energia e alimentare costantemente la stufa". Ma acqua e fango non hanno risparmiato nulla. Perché "l’acqua è come il fuoco: dove passa distrugge". Tant’è che "abbiamo gettato via divani nuovi ma che, per via delle alluvioni, si erano completamente impregnati. Zuppi". Nulla da fare. In questo scenario apocalittico la prima cosa che verrebbe da fare sarebbe quella, istintivamente, di disperarsi. Ma i romagnoli no. "Ho visto che la reazione delle persone è stata immediata – osserva Botti –. Non si è perso tempo e si è iniziato subito a lavorare per tentare di ripristinare la normalità". Perfino nelle scuole "i bambini davano una mano a spalare acqua e fango". Per riconquistarsi quei centimetri di normalità che la furia del cielo ha portato via. Ma non chiamatelo eroe, Botti. "Ho fatto solo quello che mi sembrava giusto fare".