Ecco lo spray anti Covid: "Una polvere che cura l’infezione"

Il gruppo guidato da Gaia Colombo studia uno speciale inalatore: "L’idea è seguire le orme del contagio fin dalle prime vie aeree". Partita la caccia ai finanziamenti europei e il crowfounding via Internet

Da sinistra Gaia Colombo, Sabrina Banella e Fabrizio Bortolotti

Da sinistra Gaia Colombo, Sabrina Banella e Fabrizio Bortolotti

Ferrara, 1 marzo 2021 - "Vogliamo seguire il virus del Covid sulle sue orme, e sconfiggerlo". Gaia Colombo non è una detective, ma una tecnologa farmaceutica, docente a Unife, che assieme a Sabrina Banella (dottoranda in Scienze Chimiche) e Fabrizio Bortolotti, ex tecnico di laboratorio dell’ateneo, sta mettendo a punto un’arma potenzialmente straordinaria. Si tratta di uno spray nasale con potenzialità curative. "Messa così sembra un farmaco miracoloso, perciò conviene andarci con i piedi di piombo. Anche se l’idea, inedita, è proprio quella: utilizzando molecole già usate per la terapia contro il Covid, studiamo un inalatore in grado di intercettare e contrastare il contagio sin dalla porta d’ingresso delle vie aeree". Nulla a che vedere dunque con prodotti, già in commercio, che si propongono come ’scudi’ contro il virus. "No, il nostro sarà proprio un farmaco. E per questo la ricerca è meticolosa, e sottoposta ovviamente alla valutazione dell’autorità regolatrice. Partire però da molecole già note, e di cui è stata certificata la non tossicità, potrebbe accorciare l’iter". Unife è il motore del progetto, lei di fatto il pilota. "Io lavoro all’Università dal 2004, dopo essermi laureata a Parma e aver fatto, tra l’altro, un dottorato al Mit di Boston con Robert Langer, che è il fondatore di Moderna". Da uno dei ’padri’ del vaccino era inevitabile non essere... contagiati sotto il profilo scientifico. "Un po’ è così, anche se all’epoca nessuno immaginava il Covid. Ma ci sono similitudini: anche i vaccini odierni, di cui tanto si discute, non sono nati dall’oggi al domani, le ricerche sul Rna hanno basi consolidate. Così vuol essere per la nostra polvere e il nostro spray nasale". Per il quale, di recente, avete anche lanciato una campagna di crowfounding, per sostenere i costi della ricerca. "E’ una delle strade che stiamo battendo, anche per far conoscere il progetto. Abbiamo comunque anche una collaborazione con il dipartimento di Microbiologia di Bologna, che sta entrando nella fase della sperimentazione in vitro su cellule infettate. Con una piccola società di Parma, la Plumstars, abbiamo attivato anche l’aggancio con l’ateneo francese di Tours, per ottenere fondi europei. Visto che la nostra domanda a un bando del Ministero della Salute, presentata nel giugno 2020, non ha ottenuto ancora risposta". Quella contro il Covid è comunque una corsa. Quando sperate di essere pronti? "Se tutto va come speriamo e sognamo, fra sei mesi". Piena gestazione, dunque. E avete già pensato al nome per il nascituro? "Al momento, nei documenti presentati alla Ue, si chiama ’Covhinale’. Ma io spero in qualcosa di più smart. Che faccia presa anche sull’immaginario, oltre che naturalmente sulle cellule infette".