Tartari, l’inchiesta è chiusa. La banda ora rischia l’ergastolo

A tutti e tre contestata l’aggravante della crudeltà FOTO L'ultimo saluto

Ferrara, la stanza del casolare dove Tartari è stato trovato morto (Businesspress)

Ferrara, la stanza del casolare dove Tartari è stato trovato morto (Businesspress)

Ferrara, 19 gennaio 2016 - Hanno «agito con crudeltà» nei confronti di Pier Luigi Tartari, colpito «più volte con un corpo contundente, con calci e pugni», «lasciandolo ferito, legato, imbavagliato e moribondo in un casolare abbandonato». Quattro mesi dopo il ritrovamento nel casale dell’orrore del cadavere dell’ex elettricista 77enne di Aguscello, l’inchiesta è chiusa. L’atto – quattro pagine – è stato notificato proprio ieri ai legali dei tre indagati, le cui posizioni ora si aggravano ulteriormente. Il capo della banda, Ivan Pajdek, e i suoi due soldati, Constantin Fiti e Patrik Ruszo, dovranno rispondere di omicidio volontario ma – e questa è la novità – con l’aggravante di aver agito con crudeltà, elemento che porterà ad un aumento della pena.

Omicidio. Nessun dubbio da parte del pubblico ministero Filippo di Benedetto che, per mettere la parola fine all’indagine, attendeva solamente l’ultima pronuncia delle consulenze genetiche e medico legale, depositate nei giorni scorsi. «In concorso tra loro – scrive il magistrato riferito ai tre indagati –, nel commettere una rapina, provocarono volontariamente la morte di Tartari, colpendolo più volte al corpo e alla testa, lasciandolo moribondo nel casolare di via Vecchio Reno, agendo pertanto con crudeltà, dove la vittima moriva per asfissia meccanica violenta».

Era il 9 settembre, l’aggressione avvenne attorno alle 21.30 nell’abitazione di via Ricciarelli ad Aguscello. Tartari tornava da una cena a Canaro, una pizza con alcuni amici di una vita. In casa venne massacrato di botte dai suoi aguzzini: fratture al costato, al malleolo, ai denti, una profonda ferita alla testa. Poi i lacci e le fascette per bloccarne gli arti, il nastro adesivo in gola e appiccicato alla bocca, il maglione attorcigliato su occhi e naso prima di essere buttato nel casolare.

Rapina e furto. I tre, aggiunge il pm, «dopo averlo immobilizzato in casa, si impossessarono del bancomat e della carta di credito, della patente e dell’Opel Corsa di sua proprietà». Dalla villetta, inoltre, portarono via «alcuni quadri appesi e due fucili da caccia nascosti in un contenitore sotto il letto». Infine gli acquisti e i prelievi, elencati uno ad uno al punto C dell’atto di fine indagine. Il primo, 250 euro, alla Carisbo, il secondo, stessa somma, all’Unicredit di via Padova, poi l’acquisto di un telefono Samsung S6, un paio di Adidas e uno di Nike all’ipercoop Le Mura, un tentativo finito male con un secondo telefono questa volta al Castello. A Comacchio e a Lido Estensi, le ultime compere con le tessere della loro vittima: monili in gioielleria e vestiti in un negozio di cinesi. Ora rischiano l’ergastolo.