Tartari, la consulenza: "E' morto soffocato"

Il documento della Procura smentisce la versione degli arrestati FOTO L'ultimo saluto

Pierluigi Tartari (Foto Businesspress)

Pierluigi Tartari (Foto Businesspress)

Ferrara, 16 gennaio 2016 - In quel casolare putrido e dimenticato da Dio di via Vecchio Reno, forse, Pier Luigi Tartari vi arrivò già cadavere a differenza di quanto affermarono i suoi aguzzini. Perché, secondo la consulenza della procura, «l’exitus» per il pensionato 77enne, si sarebbe «verificato entro le 5-8 ore dall’assunzione dell’ultimo pasto». Per soffocamento. E ciò potrebbe voler dire che l’ex elettricista di Aguscello non avrebbe sofferto – legato e imbavagliato – in quella prigione dove venne lasciato la notte del 9 settembre da Ivan Pajdek, il ‘capo’ croato, Constantin Fiti, 21 anni romeno, e Patrick Ruszo, 19 anni slovacco, tutti in carcere con l’accusa di omicidio volontario, ricettazione, rapina. È il medico legale Rosa Maria Gaudio a ricostruire in 43 pagine i mezzi e le cause della morte di Tartari, il cui corpo venne ritrovato ben 17 giorni dopo la sua scomparsa. 

Soffocato. La banda maledetta entrò in azione attorno alle 21 del 9 settembre quando il pensionato tornò da una cena a Canaro. I tre, dentro l’abitazione, lo aggredirono provocandogli «evidenti fratture alle coste e al malleolo» e un taglio copioso sulla testa. Poi lo immobilizzarono legando gli «arti inferiori, da doppio vincolo, con fascette in plastica, avvolte alle caviglie e alle ginocchia». Così i polsi e «le mani, tenute unite con nastro argentato». Ma i barbari non si fermarono. «Quel signore – disse Ruszo – continuava a gridare aiuto, aiuto e a divincolarsi».

L’arancia meccanica così andò avanti. Per farlo tacere gli venne sigillata la bocca con dello scotch in carta, «riscontrato anche all’interno del cavo orale» tra la «lingua e la fossetta sublinguale, determinando uno spostamento verso l’alto e indietro della stessa rendendo ancora più difficoltosa la respirazione». Nastro anche attorno al collo, «tenacemente adeso attorno a tessuto in cotone fino a formare otto volute», e al rachide cervicale. Una maglia, infine, venne «avvolta e annodata al capo di Tartari», cosa che impedì anche «alle narici di respirare». Una morte certa, secondo la consulenza, «riconducibile a un meccanismo asfittico meccanico violento». 

Ucciso. L’epoca del decesso rientrerebbe «in un intervallo compreso tra il 10 e 12 settembre», meglio tra le «5 e le 8 ore dall’assunzione dell’ultimo pasto», avvenuto il 9 attorno alle 19.30». Il motivo è presto spiegato. Nello stomaco sono stati ritrovati resti «di verosimile origine alimentare». Una permanenza che «indica una condizione di non completo svuotamento dell’organo». Quella sera, l’ultima per il 77enne, la trascorse con alcuni amici davanti a una pizza. Poi l’inferno. Altro elemento è «la presenza di scarsi cristalli di urina in vescica e di materiale di origine fecale», riferibili «all’arresto sia dei processi fisiologici renali di filtraggio sia dei fisiologici peristaltici intestinali in un intervallo temporale ristretto».

Difesa. «Questa consulenza – commenta l’avvocato Alberto Bova, difensore di Fiti, unico dei tre arrestati che continua a negare – conferma che una volta imbavagliato maldestramente, sarebbe morto in casa per soffocamento. Poi il corpo è stato portato fuori per essere nascosto e per consentire i prelievi di denaro e la fuga all’estero. Una circostanza che ridimensiona la gravità in ordine all’intensità del dolore e che potrebbe portare ad un’ipotesi di omicidio preterintenzionale».