Con un trucco avrebbero alterato il peso del bitume che sarebbe poi stato utilizzato per asfaltare le strade. Una truffa ai danni della Provincia, secondo la procura, per la quale i quattro soggetti finiti a processo meritano di essere condannati. È di dieci mesi per ciascun imputato la pena chiesta al giudice Rosalba Cornacchia dal pubblico ministero onorario Tiziana Antonini al termine della requisitoria pronunciata ieri pomeriggio nel corso della penultima udienza del processo per quei fatti. Sotto accusa, si diceva, quattro persone: due sono i titolari di un’azienda di costruzioni veneta che aveva vinto un appalto per interventi da svolgere per conto della Provincia estense, gli altri sono invece addetti di una ditta ferrarese che produce asfalti e calcestruzzo. Dopo la procura, la parola è passata alle difese (sostenute dagli avvocati Massimo Bissi e Francesco Cibotto). I legali hanno chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste, elencando una serie di elementi che scagionerebbero i loro assistiti. Innanzitutto, secondo i difensori, non ci sarebbe nessuna truffa. Al contrario, il lavoro era pagato a prezzo unitario, con nessuna variazione in relazione alla quantità del materiale posto in opera. Per i difensori, inoltre, mancherebbe la prova di quanto ipotizzato dalla polizia giudiziaria, e cioè che sia stato posato meno materiale del dovuto. Dal collaudo, concludono i legali, emergerebbe infatti che il lavoro era stato svolto a regola d’arte, con tanto di approvazione da parte dell’ente con sede in Castello. Sentite le parti, il giudice ha rinviato all’11 luglio per la sentenza.
L’inchiesta. La procura contesta ai quattro imputati il concorso in truffa ai danni dello Stato. Secondo il castello accusatorio, quando i camion dell’azienda che si occupava della manutenzione delle strade venivano portati alla pesa, due dipendenti della ditta di calcestruzzi, in accordo con l’altra società, avrebbero utilizzato un muletto per far risultare un peso maggiore, poi riportato sul documento di trasporto. Su questa base, l’amministrazione provinciale sborsava i soldi. In realtà, secondo gli inquirenti, il materiale caricato sull’automezzo era in quantità inferiore rispetto al dovuto, il che significava un sensibile risparmio da parte dell’azienda che doveva eseguire i lavori di asfaltatura.
Federico Malavasi