"Tutti, noi compresi, troviamo il nostro senso nell’appartenenza a Dio"

di don Paolo Galeazzi

Nella parabola che il Vangelo ci propone oggi, XXV domenica del Tempo Ordinario (Lc 16, 1-13) spicca la figura di un amministratore disonesto, chiamato dal padrone a render conto del suo lavoro. Prima che gli venga levato l’incarico, egli prende una astuta decisione: "Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”". Nella parabola è lodata la prontezza di reazione nel momento della difficoltà, ma ciò che la rende esemplare per i discepoli di Gesù è il fine di tale azione, fatta affinché "ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua". Quest’uomo si accorge della sua radicale precarietà: ha vissuto finora solo grazie alla generosità del padrone, e potrà vivere solo grazie alla generosità di qualcun altro, posto che se lo guadagni come amico. Forse solo quando si è sul punto di perdere tutto si riesce a smascherare la regola dell’accumulo egoistico per se stessi: il tempo, le risorse e la propria libertà cominciano a prendere il loro vero significato quando si spendono realmente per qualcuno, che potrà ricambiare “aprendo la porta” della propria casa, cioè mettendo a disposizione la propria ricchezza personale. Questo discorso vale a maggior ragione quando quel “qualcuno” è Dio, sia perché è l’unico che “possiede” veramente ogni cosa, sia perché ci offre una dimora che la morte non può raggiungere. È la casa preparata per gli angeli e per i suoi figli, con cui egli vuole condividere ogni bene. "Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne". I beni hanno sempre una possibile deriva “disonesta”, quando ce ne appropriamo e li finalizziamo a noi stessi, mentre tutto, noi compresi, troviamo il nostro senso nella appartenenza a Dio: "il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio" (1Cor 3,22-23). Vi è una ricchezza "vera" che il Vangelo ci assicura sarà "nostra" per sempre, come dono permanente, a condizione di rimanere "fedeli nel poco". "Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?". Gesù ci invita ad essere amministratori fedeli, cioè abili nello spendersi per amore di un Dio che vuole aprirci la sua casa, facendoci sentire fin da ora il grande bene di essere suoi figli per sempre.