Uccisa con il veleno nella tazza di tè "La figlia non la nominava mai"

Oggi l’autopsia sul corpo di Sonia Diolaiti. Continua a emergere l’odio che Sara Corcione provava per la madre

Migration

di Cristina Rufini

Il racconto drammatico, quasi surreale, che Sara Corcione, 38 anni, accusata di avere avvelenato la madre, Sonia Diolaiti che di anni ne aveva 62, dovrà trovare riscontro negli accertamenti scientifici. In particolare per valutare se la sostanza con cui la figlia ha dichiarato di avere ucciso la madre sia veramente nitrato di sodio, o nitrito (sostanza questa utilizzata anche per i suicidi) sciolto in una tazza di tè e, soprattutto, in quale quantità le è stata somministrata. Oggi, quindi, il pm Lisa Busato che coordina le indagini dei carabinieri sull’omicidio di via Ortigara, assegnerà l’incarico per l’autopsia al medico legale Margherita Neri. Mentre il legale che assiste Corcione, l’avvocato Gianni Ricciuti incaricherà come proprio consulente di parte il professor Mauro Martini. Il magistrato, sempre questa mattina, assegnerà anche l’incarico per gli approfondimenti tossicologi sul corpo della vittima, che saranno eseguiti dalla professoressa Francesca Righini. Passaggio fondamentale per chiudere il cerchio su che cosa ha ucciso la pensionata e quando.

Movente. Nelle lunghe ore di interrogatorio, la figlia della vittima, ha cercato di spiegare le ragioni che l’hanno spinta al folle gesto. Motivazioni che risiedono nel profondo risentimento, se non odio che Corcione aveva per la madre, fin dall’adolescenza. Era convinta che la perseguitasse. La trentottenne, già da quando frequentava le medie, non parlava. Era solitaria. "Non parlava mai della madre. Sempre del padre e della nonna paterna. Quando qualcosa non le tornava – racconta un suo professore dell’epoca – si rinchiudeva in se stessa e smetteva di dialogare, ed era difficile entrare di nuovo in contatto con lei". Quasi come se vivesse in una sua realtà parallela. Pare ci siano stati gravi episodi di vita subiti anche al di fuori della cerchia familiare, che negli ultimi anni l’hanno fortemente segnata. "Era solita camminare, correre – racconta sempre il suo professore – poi, però, negli ultimi tre o quattro anni l’avevo completamente persa di vista". Proprio dopo la morte dell’amato padre, lo stimato senolgo Stefano Corcione, morto nel 2018. Da lì probabilmente il fragilissimo equilibrio che aveva tenuto insieme madre e figlia è venuto meno ed è iniziata la fase del rifiuto totale che ha portato, mercoledì scorso, la figli a uccidere la pensionata.

Delitto. Secondo quanto ricostruito fino a ora, la figlia avrebbe acquistato nitrato di sodio poi sciolto nel tè bevuto dalla madre, la quale chissà se ha fatto in tempo a capire che cosa stava accadendo. Il suo corpo è stato trovato da vigili del fuoco e carabinieri nel corridoio dell’appartamento al primo piano del condominio di via Ortigara 28. Due piani più sopra, al quarto, la figlia ha continuato ad abitare fino a quando venerdì notte non è stata raggiunta dai carabinieri e arrestata.