"Ucraini, ora la sfida è trovare nuovi alloggi"

Parla il presidente di Cidas, Bertarelli: "Con il progetto Vesta abbiamo accolto 382 profughi, di cui 197 gestiti dalla nostra cooperativa"

Migration

di Matteo Langone

Dopo la prima ondata di arrivi, ora il nodo è la gestione dei profughi. L’emergenza umanitaria legata alla guerra in Ucraina ha cambiato volto, ma esiste ancora: se all’inizio del conflitto il problema era accogliere donne e bambini, adesso il tema della riflessione è legato alla permanenza. Il primo a farlo è Daniele Bertarelli, presidente Cidas.

Partiamo dal principio: come si è mossa Cidas all’inizio dell’emergenza?

"Sin dai primi giorni di guerra abbiamo notato come le visualizzazioni sul sito del progetto di accoglienza ‘Vesta’ siano aumentate. Nel giro di un mese abbiamo contato oltre 50mila interazioni e circa 1.200 richieste da parte della popolazione emiliana per accogliere chi scappava dall’Ucraina".

‘Vesta’ si occupava già da tempo di accoglienza, giusto?

"Sì, funzionava già da otto anni. È un sistema di accoglienza molto avanzato e solidale: in questo in Emilia siamo avanti. Sulla base di ciò abbiamo reputato opportuno rivolgere l’attenzione anche al popolo ucraino".

In che modo?

"La Protezione civile ha promosso ventinove bandi a livello nazionale, in cui erano potenzialmente accoglibili 17mila persone. Noi abbiamo partecipato ad uno di questi e l’abbiamo vinto. Ora ne siamo realtà capofila".

Di cosa si tratta?

"È bene premettere che parliamo di un sistema emergenziale, che esce dai canoni classici. A livello generale, questi percorsi prevedevano l’accoglienza in appartamento (56,85%), in famiglia (26,24%) e in altre situazioni (16,91%). Noi abbiamo vinto un bando relativo all’accoglienza in famiglia".

In quanti sono coinvolti?

"In totale parliamo di 382 profughi, di cui 197 gestiti dalla nostra cooperativa: dieci sono a Ferrara, cinque ad Argenta, cinque a Cento. Poi ne abbiamo 25 a Ravenna, 15 a Rimini e 137 nella provincia di Bologna".

Prima diceva che questa accoglienza non è tradizionale. Cosa intende?

"A differenza del percorso classico, qui il rifugiato ucraino va direttamente in famiglia. Poi, ovviamente, continuiamo a monitorare tutte le situazioni. Siamo molto soddisfatti di come stia procedendo il tutto".

Quando parla di ‘famiglie’ intende quelle di parenti ucraini già residenti in Italia o ci sono anche italiani che stanno accogliendo i profughi?

"Per lo più siamo di fronte a famiglie ucraine. Poi ovviamente esiste anche una rete, diciamo secondaria, di conoscenze varie. Ma non è tutto".

Prosegua.

"Abbiamo anche altre 37 persone ucraine ospitate, di cui cinque a Cento e 32 a Bologna. Poi, grazie a dei fondi europei, riusciamo a garantire l’assistenza in altre strutture, dove ad esempio insegniamo l’italiano. In tal senso, abbiamo anche stipulato alcune convenzioni con una ventina di istituti scolastici in tutta la regione".

Come va?

"Dopo un primo impatto iniziale molto forte, adesso la situazione è più tranquilla. Ma ora la criticità è dovuta al fatto che l’accoglienza nelle famiglie doveva essere temporanea, mentre si sta prolungando nel tempo e non è semplice continuare a fornire questo supporto. Lo slancio iniziale è stato di grande generosità, ma in certi casi anche precario: c’erano situazioni in cui i profughi dormivano nei salotti. Abbiamo esteso lo sportello sociale. Contiamo di strutturare il servizio il più possibile".

Avete in mente azioni concrete?

"Siamo già alla ricerca di nuovi alloggi e posti letto. Stiamo valutando, nello specifico, 15 posti a Ferrara, 18 ad Argenta e altri 18 a Cento".