"Un luogo per Federico, luce accesa alla memoria"

Il padre Lino dopo la notizia dell’intitolazione in via Ippodromo: "Grazie"

"Un luogo per Federico, luce accesa alla memoria"

"Un luogo per Federico, luce accesa alla memoria"

FERRARA

"Una luce accesa. Anzi un’altra luce accesa per non dimenticare la storia di Federico". Nella sua città, questa volta. A parlare è Lino Aldrovandi, padre di Federico, il 18enne ucciso il 25 settembre del 2005 in via Ippodromo, da quattro poliziotti, poi condannati per omicidio colposo con ’eccesso colposo nell’uso delle armi e della violenza’. "Io non riesco a chiamarli così – sottolinea Lino – direi persone in divisa. Ma ora non è il momento della polemica, non serve. Quindi ringrazio il sindaco che già in passato aveva espresso l’intenzione di intitolare un luogo alla memoria di Federico. Ora ci siamo. E’ importante per lui, per noi, e per tutti quei ragazzi che hanno il diritto di sentirsi sicuri anche quando tornano a casa da una festa". Non è la prima intitolazione in memoria del giovane ferrarese. "No, non è la prima: ce ne sono state a Ospital Monacale, a Bologna e in altre zone d’Italia – prosegue papà Lino – ma è la prima nella sua città. Poi una biblioteca, luogo frequentato dai giovani". Eh sì. Non solo, una biblioteca all’interno del nuovo studentato che sorgerà nell’ex ippodromo, in via Ippodromo, proprio in quella strada ferrarese dove quella maledetta notte di settembre Federico è stato ucciso. Poi un approfondimento. "Vede, ricordare è importante per la memoria di nostro figlio – conclude Aldrovandi – ma anche perché questi fatti non accadano più. E, soprattutto, per far capire che la verità deve emergere sempre e non dopo così tanto lottare. Dovrebbe essere lo Stato stesso che di fronte a queste ’schegge impazzite’, come sono state definite dal procuratore generale della Corte di Cassazione, quando è stato affrontato il caso di Federico, si difende e fa emergere la realtà dei fatti. Non le famiglie di chi ne rimane vittima. Non tutti, peraltro, hanno la possibilità, o la forza di affrontare il percorso che anche noi abbiamo affrontato". Già. Non dovrebbe essere solo l’ostinazione, la caparbietà mossa dalla disperazione di chi perde un proprio caro a dover far emergere la verità. Ai parenti delle vittime dovrebbe essere solo lasciato il tempo del dolore e di metabolizzare la perdita. Allo Stato quello di ricostruire i fatti e le responsabilità.

Cristina Rufini