Monsignor Negri: "Mai dette quelle parole contro il Papa. Deluso da Cl"

"Non lascio la diocesi prima"

FINO ALLA FINE  Negri si dimetterà nel novembre 2016

FINO ALLA FINE Negri si dimetterà nel novembre 2016

Ferrara, 26 marzo 2016 - Monsignor Negri, è vero che si dimetterà prima?

«Assolutamente no. Darò le dimissioni come richiesto a tutti i vescovi al compimento dei 75 anni. Poi mi rimetterò alle decisioni del Santo Padre senza nessuna riserva. Dico solo che rispetto alla situazione iniziale della diocesi, così come l’ho trovata, si è fatto un grande lavoro, di cui ho sempre dato conto. C’è ancora molto da fare anche se mi sembra che il cammino iniziato porti già ottimi frutti. Chi verrà dopo di me deve tenere ben presente il peso delle scelte e dei cammini intrapresi».

Ha detto le parole che le sono state attribuite contro papa Francesco?

«No. Tantomeno la frase virgolettate in prima pagina dal Fatto Quotidiano. Prova ne è che il testo dell’articolo non la riporta».

Le ha pensate?

«Quella sul papa sicuramente no. Il miracolo che auspicavo era riferito a quando la Madonna fece deviare il proiettile su Giovanni Paolo II. Ho spesso detto che il papa non si contesta e non si adula, lo si segue. Le altre cose (sui vescovi Zuppi e Lorefice, ndr) posso averle dette ma riguardavano una questione culturale e storica, non le persone».

Ha sentito i due vescovi dopo quell’episodio?

«Monsignor Zuppi è stato accoglientissimo con me, mi ha abbracciato. Con Lorefice ho parlato al telefono. La cosa è stata inventata; nel primo caso, quella riguardo il Papa, è stata uno sciacallaggio vero e proprio; la seconda può essere nata sfrucugliando nei miei interventi ma resta un giudizio culturale che, vivaddio, non può essere negato nella Chiesa».

Ha sentito il pontefice?

«Gli ho inviato una lunga e dettagliata relazione ricostruendo la vicenda e rinnovando la richiesta di una udienza. Il cardinale Parolin mi ha detto che il papa ha visto tutto e avrebbe gradito una sintesi e poi avrebbe deciso per l’udienza. Siamo quindi in attesa».

Quale insegnamento ha tratto da questa storia?

«Che nella comunicazione, a tutti i livelli, bisogna chiedersi se e in che misura il nostro modo di comunicare possa provocare scandalo. Ed è il senso del mio primo intervento».

Allude alla non smentita del primo comunicato? Perché l’impressione fu quella...

«Sì. L’ho fatto di comune accordo col cardinale Caffarra, convenendo su un fatto: noi non dobbiamo giustificarci davanti al nessuna autorità della stampa, che non ne ha. Ma davanti al nostro popolo. Per tornare alla sua domanda iniziale, il secondo insegnamento che ho tratto è stata la terribile forza dell’anti-cristianesimo, che ha un nome: certa Massoneria».

Non credo proprio che il servizio fatto dal Fatto c’entri con la Massoneria, suvvia...

«Forse ha ragione, in quel caso hanno solo voluto colpire un vescovo divisivo come me».

E’ stato deluso dalla presa di distanza di Cl?

«Sì, ho fatto loro presente che avrebbero almeno potuto aspettare che uscissero i miei interveniti prima di quel comunicato. Fra le righe hanno affermato la possibilità che io abbia potuto dire quelle cose. E a distanza di due mesi non hanno cambiato di una virgola quella versione quindi oggi c’è una sola realtà in Italia che crede sia stato possibile tutto questo: il movimento cui ho dedicato più di 50 anni della mia vita».

Questo l’ha delusa?

«Sì. Ma insieme mi pare la conferma di quella volontà del movimentro di stare nelle retrovie e di fare un’azione di carattere spirituale o spiritualistico, l’opposto di quello che Giussani ha voluto».