Il vescovo Negri: "Non esistono solo i migranti, snobbati gli italiani poveri"

L’allarme dell'arcivescovo di Ferrara: "Basta, qui rischiamo una guerra fra gli ultimi"

Luigi Negri

Luigi Negri

Ferrara, 29 aprile 2016 - «Abbiamo la responsabilità di un popolo di cui non fanno parte solo gli stranieri, ma anche gli italiani. E tra i nostri connazionali i poveri stanno aumentando sempre di più». Un monito, quello lanciato dall’arcivescovo di Ferrara Luigi Negri, che sembra rivolto non solo ai pastori di anime, ma anche alle amministrazioni, sia locali che nazionali. A dare il ‘la’ alle dichiarazioni del monsignore è un’emergenza migranti sempre più ingestibile e che spesso di questi tempi (a torto o a ragione) fa passare in secondo piano i molti altri problemi che attanagliano il nostro Paese. Tra tutti, la situazione di indigenza in cui versano molti nostri connazionali.

Monsignor Negri, si parla tanto di accoglienza e integrazione dei migranti. Si dice che sono i nuovi poveri. In realtà la povertà è un fenomeno che riguarda anche tantissimi italiani. Qual è la situazione dal suo punto di vista?

«Gli italiani che vivono in condizioni di povertà sono tantissimi. Mi basta pensare alla mia diocesi. Abbiamo diverse mense e sono andato a visitarle in più occasioni. In certi casi ho visto arrivare insospettabili italiani, in giacca e valigetta 24 ore. Persone della media o alta borghesia ferrarese».

Come ci sono finiti alla mensa dei poveri?

«Spesso si tratta di mariti divorziati che, dovendo mantenere moglie e figli, non arrivano più a fine mese. Mangiano rapidamente e vanno via. Questo deve farci riflettere».

Di questo volto della povertà si parla ben poco, soprattutto nell’ultimo periodo.

«Verissimo. Però noi vescovi abbiamo la responsabilità di un popolo nel quale non ci sono solo stranieri, ma anche tanti italiani. Guai a intervenire su un solo fronte. Fare preferenze sarebbe un errore clamoroso. Creerebbe soltanto una situazione di esclusività che a ben pensare sarebbe dannosa per tutti».

Che fare quindi?

«Pensare che basti invocare una ‘leva di massa’ per l’accoglienza dei profughi copre solo un aspetto di un problema ben più vasto. Ripeto, se si assumono atteggiamenti esclusivisti non si svolge correttamente il proprio compito di pastori. Dobbiamo accudire il nostro gregge nella sua integrità».

Altrimenti si rischia una guerra tra poveri?

«Un vescovo deve fare fronte ai problemi con concretezza e realismo. Una lotta tra poveri è la cosa peggiore che ci possa succedere».

Un tema che ha affrontato con molta chiarezza anche il suo collega Armando Trasarti, vescovo di Fano.

«Trasarti è una persona che stimo molto. È riuscito a dare l’immagine di un pastore che condivide le esigenze e le difficoltà di un popolo. Ha colto nel segno, portando alla luce una problematica che a un pastore non può sfuggire».

Cioè?

«Ha messo in evidenza che la questione dei profughi non si risolve soltanto con l’accoglienza».

Secondo lei invece cosa occorre?

«Due cose: primo, un’integrazione che passi attraverso il dialogo e la conoscenza reciproca. Invece spesso la si fa per frasi fatte. Ma io ormai sono allergico agli slogan».

Secondo?

«Bisogna riconoscere che dietro a questa tratta di esseri umani ci sono molti interessi. È mai possibile che la comunità internazionale non riesca ad avere ragione di questi criminali? Francamente lo trovo impensabile».