"Vogliamo la verità su Mikel, qualcuno lo aveva chiamato"

Sorella e cugina si chiedono perché l’uomo sia uscito con il celluare in mano lasciando la porta aperta

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"Aveva appena fatto la doccia e si stava rilassando in camera, non aveva motivo per uscire in infradito, lasciando, per di più, la porta dell’appartamento aperta. Cosa che lui non faceva mai. Qualcuno potrebbe aver chiamato Mikel, perché è stato visto uscire con il cellulare in mano. Poi il suo coinquilino di appartamento, quando ha visto la porta aperta e il portafoglio abbandonato in casa, ha guardato per curiosità dal balcone e si è accorto del corpo supino senza vita, attorniato dai sanitari del 118". È il racconto di Flora, cugina di Mikel Gjini, il 38enne trovato morto in via Ticchioni nella zona Gad. La donna prova a ricostruire gli ultimi momenti di vita dell’uomo, muratore, sposato e padre di due figli piccoli. "Aveva pranzato con la famiglia e nel pomeriggio avrebbe dovuto preparare la valigia perché il giorno seguente sarebbe partito per l’Albania. Voleva riabbracciare moglie e figli. Era da giorni a casa per un infortunio sul lavoro". E aggiunge: " Mikel era benvoluto da tutti, una persona dedita alla famiglia e al lavoro. Non immaginiamo chi possa averlo chiamato al cellulare prima della tragedia. A noi non risultava avesse nemici". La famiglia chiede a eventuali testimoni di avere coraggio: "Non è possibile che nessuno abbia visto, perché chiediamo solo una cosa: vogliamo la verità e non avremo pace finché non la otterremo".

Nella strada stretta che a Porotto porta a casa Gjini è un via vai continuo di persone. C’è una mobilitazione generale per portare una parola di conforto, un saluto, un messaggio di cordoglio. Valentina (nella foto) la sorella del muratore Mikel Gjini, racconta a tutti come una giornata normale si sia trasformata in tragedia. Aspettava una chiamata del fratello per aiutarlo a fare i bagagli, poi il giorno seguente lo avrebbe accompagnato all’aeroporto. Il loro legame era profondo: "Gli avevo fatto avere i documenti per prendere il permesso di soggiorno", sottolinea la donna. La sorella ricostruisce gli ultimi giorni di vita di Mikel Gjini: "Dopo l’infortunio sul posto di lavoro, si era trasferito temporaneamente da me. Dormiva qui a Porotto". Finché è arrivato il giorno maledetto: "Era andato a pranzo con i cugini. Noi ci siamo sentiti alle 16 e gli ho chiesto se aveva bisogno per fare le valigie. Mi ha detto che ci avrebbe pensato da solo e di non preoccuparmi. Questa è stata l’ultima volta che l’ho sentito". Dopo la notizia della morte del fratello è andata sul luogo del ritrovamento: "Ero insieme a tutti i parenti, ma nessuno della famiglia ha visto o sa cosa possa essere successo. Per noi Mikel era amato da tutti e nessuno lo odiava. È tutto inaspettato e incredibile".

m.r.