West Nile, donatori di sangue contagiati. “Trasfusioni sicure”

In Emilia Romagna segnalati 27 casi

West Nile, due casi scoperti dalle donazioni di sangue

West Nile, due casi scoperti dalle donazioni di sangue

Ferrara, 8 settembre 2018 - L’innarestabile marcia delle infezioni da West Nile accende i riflettori anche sul mondo delle donazioni di sangue. Mentre la contabilità dei contagi si aggiorna a cadenza quasi quotidiana (ieri un nuovo caso all’ospedale Sant’Anna di Ferrara, una paziente di 82 anni con complicazioni neurologiche), il report dell’Istituto superiore di sanità fornisce i dati e la mappa della diffusione della malattia. Nel complesso, i casi umani registrati in Italia dall’inizio di giugno sono stati 365. E, come anticipato, tra loro ci sono anche 48 donatori di sangue. Anche su questo delicato fronte, la nostra Regione fa la parte del leone con il maggior numero di diagnosi.

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Gli episodi di contagio acclarato tra i donatori sono stati sei a Bologna, otto a Ferrara, due a Forlì-Cesena, tre a Ravenna, uno a Reggio e sette a Modena. Gli altri arrivano da Veneto, Friuli, Piemonte e Lombardia. Dati che, al di là del perdurare dell’emergenza, possono suscitare qualche preoccupazione nelle persone che devono ricorrere a trasfusioni di sangue. La domanda che in molti si pongono è se sia possibile contrarre il virus West Nile da una sacca di sangue infetta.

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Cos'è

Una circostanza che, secondo gli esperti, è praticamente impossibile. E questo grazie al capillare controllo a cui viene sottoposta ogni singola goccia di sangue che passa per i centri di donazione dell’Avis. Tenendo presente che nell’80% dei casi l’infezione da West Nile si presenta e si esaurisce in maniera asintomatica, è possibile che un donatore possa andare a svolgere il proprio servizio senza sapere di essere portatore del virus. Ed è proprio qui che interviene il sistema di controllo dell’associazione di volontariato. Florio Ghinelli, infettivologo e direttore sanitario dell’Avis di Ferrara, spiega come viene garantita la sicurezza del sangue destinato agli ospedali.

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«Dalla fine di giugno, quando cioè sono state individuate le prime zanzare positive, facciamo i test su tutte le sacche – dice l’esperto –. I controlli sono molto precisi e quindi possiamo garantire la sicurezza di ogni singola goccia di sangue». Nessun pericolo, quindi, per chi debba ricorrere a una trasfusione. Ghinelli ricorda poi come «l’80% dei casi di West Nile rimanga asintomatico mentre nel 19% delle infezioni si manifestano sintomi simil influenzali. Solo una minima parte – conclude – ha complicanze che, soprattutto in organismi già debilitati da altri problemi di salute, possono risultare fatali».

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3 - Gazze e corvi sono i veri portatori del virus

Il report diffuso nei giorni scorsi dipinge un quadro completo sull’andamento dell’infezione. Dei 365 casi umani diagnosticati a livello nazionale, ben 148 si sono manifestati nella forma neuroinvasiva. Si tratta della complicanza più pericolosa legata alla febbre del Nilo e che, in alcuni casi, può addirittura risultare fatale. Dei casi più gravi, 81 si sono verificati in Emilia-Romagna, con un picco importante nelle zone tra il Po e il Reno. L’analisi del bollettino sulla sorveglianza della febbre del Nilo sposta infine il focus sul mondo animale.

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Se le zanzare sono le principali responsabili della trasmissione del virus all’uomo, ci sono anche diverse altre specie che fanno da ‘veicolo’ per la malattia. Tra queste ci sono gli uccelli e i cavalli. Per quanto riguarda questi ultimi, sono stati scoperti 69 focolai tra Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Friuli e Veneto. Oltre 60, infine, i casi di positività sugli uccelli stanziali e una cinquantina in quelli selvatici. E, alla luce della situazione climatica e del trend dei contagi, l’emergenza sembra tutt’altro che in via di esaurimento.