Willy Branchi, il giallo dei vestiti. "Nascosti in una tomba"

Lettera anonima al cronista del Carlino: gli abiti nella bara di una donna. "Lei è parente di un sospettato". L’autore della missiva sentito in Procura

Willy Branchi aveva soltanto 18 anni (BusinessPress)

Willy Branchi aveva soltanto 18 anni (BusinessPress)

Goro (Ferrara), 16 novembre 2019 - C’è una lettera agli atti della Procura. Tredici righe, scritte a penna in stampatello, che parlano dell’omicidio di Willy Branchi, 18 anni barbaramente assassinato la notte tra il 29 e 30 settembre 1988 a Goro. «Caro giornalista, – inizia la missiva indirizzata a chi scrive – i vestiti mai trovati di Willy vennero sepolti nella bara di una signora...». Un foglio bianco, inserito in un altro foglio A4 piegato in due, dentro una busta di plastica trasparente, lasciato nella buchetta di casa, a firma “un amico”.

Partiamo dall’inizio. Vilfrido Luciano Branchi, venne trovato morto lungo l’argine del Po a Goro all’alba del 30 settembre di 31 anni fa (foto). Il corpo completamente nudo, il volto martoriato da una serie di colpi inferti con la bocca di una pistola utilizzata nei macelli. Accanto ai piedi del cadavere, pancia a terra, venne trovato il solo portafoglio con dentro una tessera della discoteca, qualche spicciolo, la carta di identità. Stop. Nulla si seppe dei vestiti. Una fonte, don Tiziano Bruscagin, parroco di Goro per 32 anni, dopo la riapertura dell’inchiesta nel 2014, indicò all’avvocato della famiglia Branchi, Simone Bianchi, che gli stessi sarebbero stati gettati in una vecchia discarica del paese, che oggi non esiste più perché bonificata interamente già diversi anni fa.

Willy Branchi aveva soltanto 18 anni (BusinessPress)
Willy Branchi aveva soltanto 18 anni (BusinessPress)

Quell’ultima sera, Willy, visto uscire da una pizzeria assieme a Valeriano Forzati - unico processato, poi prosciolto dal giudice istruttore Domenico Mecca l’8 febbraio 1990 per mancanza di prove –, indossava un paio di jeans e una felpa con i lacci, oltre alle immancabili Timberland regalate dal fratello Luca. Uno strano laccio, con tutta probabilità di una felpa, venne trovato la mattina del 30 settembre in via Bruno Buozzi, sopra il tetto in lamiera di un garage. Chi lo rinvenne, raccontò di essersene liberato immediatamente e di non sapere cosa fosse. Via Buozzi, proprio il luogo dove sarebbe iniziata la via crucis per il povero Willy.

Il video della riesumazione del corpo di Willy

La riesumazione del corpo di Willy Branchi
La riesumazione del corpo di Willy Branchi

Come detto, però, fino a oggi nulla si è mai saputo degli indumenti indossati quella sera. Eccoci, allora, alla lettera. «Qualche giorno dopo la morte di Willy, – scrive l’anonimo – morì una signora, da quello che so, una professionista del paese (viene indicata anche la professione esatta, ndr). E a quanto pare, i vestiti mai trovati del ragazzo, vennero sepolti nella bara di lei. Questo è quello che posso dire...», continua l’anonimo. Ma fa di più, invitando «a controllare in anagrafe le morti, nei giorni seguenti» a quella di Vilfrido. Non è finita. Già, perché secondo lo scrivente, la donna deceduta «dovrebbe avere avuto un grado di parentela» con persone finite al centro dell’inchiesta sull’omicidio (ma mai indagate).  

La Procura è già in possesso dello scritto e i carabinieri del nucleo Investigativo diretti dal pm Andrea Maggioni, stanno cercando di capire se la ricostruzione possa essere in qualche modo utile o frutto di vox populi, una delle tante emerse nel corso delle indagini. Stabilito ciò, si vedrà se e come procedere. Da quanto è trapelato, l’autore della lettera sarebbe già stato individuato e sentito. «Siamo certi che la Procura svolgerà ogni approfondimento – così l’avvocato Bianchi – per verificare la veridicità o meno del contenuto, anche perché le indagini non si sono mai fermate». Negli anni, le missive anonime sul caso Branchi, a dir la verità sono state pochissime: tre, agli atti. Una firmata “due fratelli” del 1988, interamente incentrata sugli spostamenti di Forzati quella maledetta notte. L’altra, inviata al fratello di Willy un paio d’anni fa, dove si parlava di uno strano pescatore ritenuto dall’autore della lettera l’esecutore materiale dell’omicidio.  

Tornando all’inchiesta, invece, rimangono due i nominativi iscritti sul registro degli indagati per omicidio volontario. Fratelli residenti a Goro, pronti per essere presto ascoltati con una serie di vecchi e nuovi testimoni. Cosa certa, intanto, è la chiusura del fascicolo per calunnia che vede indagato don Tiziano Bruscagin. Parti lese, con la famiglia di Willy per il presunto depistaggio del sacerdote, c’è anche quella di Ido Gianella, il macellaio morto nel 2003 a 82 anni, indicato da Bruscagin - nella sua intervista registrata al Carlino che riaprì l’inchiesta - come uno dei presunti responsabili dell’omicidio assieme ai due figli. Proprio poche settimane fa, sulla sua tomba qualcuno lasciò una scritta rossa: ‘assassino’. Anche su questo aspetto sono in corso accertamenti.