Willy Branchi, il parroco aveva già parlato nel 1988

L’ex parroco di Goro aveva rivelato ai carabinieri alcuni elementi ritenuti molto importanti

Luca Branchi sulla tomba del fratello Willi (Foto Businesspress)

Luca Branchi sulla tomba del fratello Willi (Foto Businesspress)

Ferrara, 5 febbraio 2019 - Don Tiziano Bruscagin non parlò solamente nel 2014, con quella intervista al nostro giornale che permise la riapertura dell’inchiesta sull’omicidio di Willy Branchi. E neppure lo fece la sua prima volta nel 1996, ‘fonte confidenziale’ di un carabiniere nell’indagine conoscitiva dove lo stesso sputò fuori otto nomi di presunti responsabili e un movente: «convegni carnali» dove Willy sarebbe stato imprigionato. Già, – e qui ecco la grande novità – perché l’ex sacerdote di Goro, che guidò la comunità per ben 32 anni prima di trasferirsi nel Padovano, si confidò la primissima volta nel 1988, nell’immediatezza dei fatti.

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Questa la clamorosa indiscrezione che potrebbe rappresentare un elemento molto utile nell’inchiesta dei carabinieri diretti dal pm Andrea Maggioni. Fu proprio il parroco che, a pochi giorni dal ritrovamento del corpo martoriato di Willy, ucciso la notte tra il 29 e 30 settembre ’88 e gettato lungo l’argine del Po a Goro, confidò ad alcuni carabinieri di avere ricevuto una confessione importante. Dell’assassino del diciottenne? Di un suo complice? Di un parente stretto? Su questo l’indagine sta tentando di fare luce nonostante i continui «vox populi», i «non ricordo», o addirittura i «mi avvalgo della facoltà di non rispondere» nella sua qualità di indagato (per falso al pm). Già, perché don Tiziano, uomo di chiesa e oggi non più parroco – come ha tenuto a sottolineare in una stringatissima nota la Curia di Padova – ma collaboratore pastorale, è tornato nella mischia l’autunno scorso per aver detto il falso, o taciuto – come prevede l’articolo 371 bis –, ciò che sa.

In Procura vi ha fatto ritorno alla fine di settembre come persona informata dei fatti (dopo essersi salvato dalla prima indagine avendo ritrattato) per riferire sulle circostanze di quella maledetta notte. E, davanti a pm e carabinieri, è ripartito dalla telefonata al Carlino del 30 ottobre 2014, passando al 1996 e all’informativa di tre pagine dove lui, ‘fonte confidenziale’, svelò molti dettagli collegati all’assassinio. In via Mentessi, sempre quel giorno dell’autunno scorso, si è presentato con una nuova lista di nomi e cognomi, molti ‘nuovi’, dal suo punto di vista importanti e da sentire, fornendo dettagli che solo una persona ben informata può esserne a conoscenza.

Per poi, però, fermarsi o nascondersi dietro al sentito dire da «vox populi» di fronte a domande sulle sue fonti. Secondo avviso di garanzia e conseguente interrogatorio durante il quale si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma scartabellando tra le carte dell’epoca, e grazie all’intuito degli inquirenti, ecco la novità: don Bruscagin parlò addirittura una prima volta e questa risale ai primi di ottobre del 1988 con il cadavere di Willy ancora da seppellire. Si presentò ad alcuni carabinieri per spiegare di aver ricevuto in confessione una persona la quale sapeva cose molto importanti sull’omicidio. Quel colloquio sarebbe già stato confermato oggi da quei militari.