"Ai goresi non frega nulla di Willy. Ma non mi piegheranno"

Caso Branchi, lo sfogo del fratello: "Avevamo tutto in mano nel 1996"

Luca Branchi, fratello di Willy

Luca Branchi, fratello di Willy

Ferrara, 11 dicembre 2017 - Rabbia, rammarico e scoramento. Per quello che non è stato fatto e per quello che si sarebbe potuto fare. E soprattutto per chi, come ha scritto il pm Giuseppe Tittaferrante nella sua richiesta di archiviazione, si è messo di traverso sulla strada per la verità. Luca Branchi, fratello di Vilfrido detto ‘Willy’, il 18enne assassinato a Goro nel settembre del 1988, è un fiume in piena.

Luca, il vostro difensore, l’avvocato Simone Bianchi, si è opposto alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta sulla morte di suo fratello. E, nel frattempo, sono emersi nuovi dettagli, come l’informativa del 1996 che conteneva importanti elementi. Come ha reagito alla notizia?

«Non so descrivere quello che ho provato. Rabbia. Tantissima».

In quel documento ‘dimenticato’ si evidenziavano aspetti chiave e si facevano dei nomi. La storia avrebbe potuto prendere un’altra piega?

«Avevano tutto in mano. Si poteva riesumare il corpo di mio fratello già nel 1996. E, facendolo vent’anni prima, avrebbero trovato quello che cercavamo. Il rammarico è enorme».

Perché, secondo lei, quell’atto è stato ignorato?

«Non so rispondere. Ma mi fa pensare che esistano omicidi di serie A e di serie B. Invece un delitto dovrebbe essere un delitto e basta».

Si parla anche di un testimone che avrebbe visto cose scottanti ma che fu messo a tacere.

«Agghiacciante. Credo che questa persona porti dentro di sé il fardello più pensante».

Dalle carte spunta anche il ruolo ricoperto dall’ex parroco, don Tiziano Bruscagin, nel condizionare il comportamento dei testimoni.

«Mi chiedo come un uomo del genere possa essere ancora sacerdote. Cosa può insegnare ai giovani? La curia dovrebbe intervenire in qualche modo».

Che aria si respira oggi a Goro?

«Nessuno parla. Ho qualche amico che mi sta vicino. Ma si contano sulle dita di una mano».

Il pm ha usato parole pesanti per descrivere l’atteggiamento di molti goresi. Si sente di sottoscrivere?

«Arrivati a questo punto, io penso che di Willy non freghi niente a nessuno. Alla fiaccolata sono venuti tutti. Si sono fatti belli davanti alla stampa. Si vergognavano a non esserci. Ma dopo, a riflettori spenti, nessuno si è più fatto vivo. La verità è che, per i goresi, prima finisce questa storia meglio è».

Si aspettava che la nuova inchiesta arrivasse a una battuta d’arresto?

«Io ci ho creduto fino all’ultimo. I carabinieri di Comacchio hanno fatto miracoli, senza l’aiuto di nessuno. Così come il mio avvocato, Simone Bianchi. Ma ero titubante sui miei compaesani».

Ha ancora speranze?

«La vita va avanti e io devo occuparmi della mia famiglia. Ma mio fratello non me lo scordo. Io voglio andare fino in fondo».

Che messaggio vorrebbe lanciare a chi ha ostacolato la sua ricerca della verità?

«Il pm Tittaferrante mi ha detto che posso girare a testa alta. Tutto quello che potevo fare l’ho fatto. So di essere nel giusto. E so anche che, nonostante tutto, non sono riusciti a piegarmi».

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