Omicidio Willy Branchi a Goro, indagata una donna

Avrebbe ricevuto la confidenza del trasporto del cadavere del 18enne. Sentita in Procura, è finita nei guai

Una donna del paese tra gli indagati per "false affermazioni"

Una donna del paese tra gli indagati per "false affermazioni"

Goro (Ferrara), 20 gennaio 2020 - La “motorella” potrebbe essere la chiave di tutto. E a bordo della stessa, con il corpo agonizzante (o già morto) di Willy Branchi, potevano sedere i due fratelli che oggi devono rispondere di omicidio. Una soffiata arrivata agli inquirenti la scorsa primavera, ma che oggi potrebbe arricchirsi di ulteriori sviluppi. Già, perché la maxi indagine sulla morte del 18enne di Goro, tremila anime nel Basso Ferrarese, si arricchisce di un nuovo indagato. Una donna del paese iscritta per false informazioni. La decima iscrizione del pubblico ministero Andrea Maggioni, che da oltre due anni sta portando avanti l’inchiesta con i carabinieri del nucleo Investigativo di Ferrara. Di omicidio (per la prima volta dopo la contestazione fatta nel 1988 a Valeriano Forzati, poi prosciolto) devono rispondere due fratelli pescatori di Goro, un altro invece di favoreggiamento: quel Carlo Selvatico prosciolto a dicembre dal falso e ora nuovamente nei guai, ma con un’accusa ben più grave. Poi c’è don Tiziano Bruscagin, il parroco che con le sue dichiarazioni al nostro giornale nel 2014 fece riaprire il fascicolo, indagato per calunnia. Infine una sfilza di nomi per aver detto il falso agli inquirenti: sei (compreso lo stesso parroco iscritto anche per falso) fino a pochi giorni fa, sette ora con la pensionata che, in passato, avrebbe ricevuto una confidenza sconvolgente dalla madre. La scena principale: il trasporto del corpo di Willy su una Apecar nella nebbiosa notte tra il 29 e 30 settembre 1988. Sulla quale, secondo le accuse, sedevano i fratelli indagati con l’ipotesi di omicidio. La donna, chiamata in Procura, messa a confronto con una persona ritenuta molto attendibile e alla quale aveva già riferito l’episodio in passato, ha negato tutto, fornendo una versione non credibile, ed è finita nei guai. Gli inquirenti, con il fondamentale aiuto della famiglia Branchi e dell’avvocato Simone Bianchi, ora però sono riusciti ad individuare la Via Crucis del povero Willy, catturato all’interno di una rete di pedofili. Iniziata in via Buozzi, strada del centro del paese, proseguita in via Mezzano e terminata lungo l’argine, sotto il cartello di Goro. Via Buozzi, innanzitutto: qui il ragazzo sarebbe stato attirato da qualcuno e pestato a sangue. Il sarto Rodrigo Turolla, uno degli indagati per falso, con parte di casa che sbuca proprio su via Buozzi, raccontò che l’indomani dell’assassinio sentì dire che "Willy era stato caricato" in quella zona. Poi trovò un laccio di una felpa sul suo garage. Via Cervi: qui, in quell’epoca, c’era una stalla con grossi anelli al muro per le mucche. Secondo un altro teste, ad uno sarebbe stato legato Willy, seviziato e colpito con una pistola da macello. In quei frangenti potrebbe essere morto, ecco dunque il bisogno di sbarazzarsi del cadavere. Terza scena: il ritrovamento sull’argine. Da via Mezzano, il percorso è di pochi metri, attraverso una vecchia stradina sterrata. Ma con il Po a due passi, perché lasciarlo lì? Un avvertimento per altri. O, per liberarsene in fretta, terrorizzati dall’essere scoperti. "Una donna – disse il sarto a don Bruscagin in un’intercettazione ambientale – è venuta a casa a dire che lui è stato caricato... Su una motorella...". L’Ape, appunto, unico mezzo che potrebbe aver percorso lo stradello da via Mezzano. ‘Ciao Willy, la verità prima o poi verrà fuori’, recita un biglietto lasciato tra i fiori di plastica che abbracciano il cippo in sua memoria. Una verità che aspetta da ormai trentadue anni.