Yara, gli impianti restano fermi "Ma nessuna ricaduta sui lavoratori"

Incontro tra i vertici della multinazionale e i confederali Cgil, Cisl e Uil alla luce della crisi energetica. Spunta un piano che prevede una maggiore interconnessione tra gli impianti di Ferrara e Ravenna

Migration

di Federico Di Bisceglie

Gli impianti di Yara al Petrolchimico rimangono fermi. Per lo meno fino alla fine dell’anno. Poi si vedrà. L’aspetto salutato con favore dalle parti sociali è il fatto che non ci saranno ricadute negative sui lavoratori: non si ricorrerà ad ammortizzatori sociali e questo periodo di stop sarà sfruttato per fare manutenzione agli impianti e formazione ai dipendenti. Sono questi i punti emersi a margine dell’incontro che si è tenuto ieri pomeriggio tra i vertici della multinazionale e i confederali Cgil, Cisl e Uil. A rivelarne i contenuti è il segretario della categoria dei chimici della Cisl, Luigi Baiano. "Nel contesto generale in cui ci troviamo e considerata la congiuntura che stiamo attraversando – così l’esponente della Femca Cisl – la situazione prospettata dall’azienda non è delle peggiori. Le garanzie dei livelli occupazionali, chiaramente, per noi erano prioritarie. Così come è prioritario il turnover, anch’esso garantito". Sì, perché nonostante il blocco agli impianti Yara "sta continuando ad assumere nuove figure a fronte delle uscite. E questo è un altro aspetto che valutiamo in maniera positiva". Ovviamente lo stallo non può perdurare in eterno. Anzi, è auspicabile uscire dall’impasse il prima possibile. Ci sono, in questo senso, due nodi fondamentali da sciogliere. Entrambi in un certo senso legati alle dinamiche e alle variazioni del mercato. Da un lato c’è l’annoso problema del gas – Yara è un’azienda estremamente energivora - . I prezzi, pur in contrazione, non permettono di rendere il processo produttivo della multinazionale sostenibile. Dall’altro c’è lo scoglio della mancanza di richiesta di urea. I maggiori buyer stanno affacciati alla finestra, in attesa che passi la tempesta. Nel frattempo, però, Yara ragiona a lungo termine. Stando a quanto riferito dai sindacati, infatti, l’azienda avrebbe avviato uno studio di fattibilità per capire in che modo – in un futuro neanche troppo remoto – utilizzare gli impianti in maniera ‘modulare’ così da scongiurare lo stop alle produzioni da un lato e avere un ciclo produttivo meno impattante sotto il profilo ambientale. Da quanto si apprende, l’azienda ha investito un budget di un milione di euro per realizzare lo studio. Arrivando a impianti più green, anche in ottica di transizione ecologica Yara intreccerebbe gli obiettivi di de-carbonizzazione fissati dalle direttive dell’Unione europea nell’agenda 2030.

Il futuro non è poi così di la da venire. Da ultimo, stando a quanto riferito da Baiano, Yara avrebbe prospettato un piano che prevede una maggiore interconnessione tra gli impianti di Ferrara e Ravenna, sfruttando la pipeline e gli investimenti che Eni si è impegnata a fare per migliorare le prestazioni della banchina del porto di Ravenna.