Ferrara, 5 ottobre 2010 - ALL’INGRESSO, con una maglietta gialla, Enrico Ravegnani aspetta impaziente. Alle sue spalle, dentro quel portone di via Vaspergolo 6, sta prendendo forma il Palazzo della Racchetta. Sotto le sue mani e la sua supervisione. «Venite a vedere, entrate». E si spalanca la luce. Sotto il portico, dietro l’angolo, c’è Laerte Balboni, 83enne proprietario dello stabile.

Ci troviamo in una delle zone più antiche della città. Qui — in questo palazzo che potrebbe risalire al 1200, secondo il restauratore Ravegnani — con tutta probabilità c’era il campo da ‘racchetta’ dei signori estensi. Ecco il perché del nome. E durante queste ore, si sta portando a compimento un lavoro lungo almeno 50 anni. Almeno. Perché da quando Laerte Balboni è entrato in possesso del palazzo, non ha mai smesso di finanziare, di tasca propria, il restauro conservativo di questa perla, nascosta nel cuore di Ferrara. E da sabato — data dell’inaugurazione — questo gioiello potrà essere visitato e apprezzato nei suoi caratteri originari, databili attorno al medioevo. Nei secoli divenne dimora nobiliare, nel borgo più antico della città, fra Corso Porta Reno e via San Romano.

BASTA alzare lo sguardo, salire le scale e rimanere a bocca aperta. Decorazioni, archi, loggiati, pavimenti, materiali lignei e lapidei che scandiscono la viva presenza degli insediamenti avvenuti nei secoli all’interno di questo scrigno. Colori ocra, mattone, gialli.

Un palazzo sconosciuto dai ferraresi, a ridosso di quella che fu dal VII al XI secolo la via delle Volte. Negli ampi saloni medievali al pianterreno, infatti, sono ancora visibili gli emblemi delle corporazioni, dipinti sulle antiche travature lignee; ai piani superiori, tracce di decorazioni rinascimentali del periodo estense.
Prima di uscire, non si può fare a meno di dare uno sguardo indietro. Gli occhi si poggiano sulla lapide affissa sulla facciata. È datata aprile 1954, ricordo di quella che fu, nel 1901, la prima sede della camera del lavoro di Ferrara.

E ora, che ne sarà di questo palazzo? «Vogliamo aprire le porte alla città — sorride Balboni — Tremila metri quadrati su due piani destinati a divenire resort, dedicato a esposizioni d’arte ed eventi culturali, mostre e congressi. In centro non esiste un altro posto così e sarebbe stato un peccato non metterlo a posto. Non crede?»