Carife e Banca Marche, salvagente Consob. Risarcimenti anche dalle good bank

L’Arbitro spiana la strada alle cause di soci e bondisti subordinati (930 per Banca Marche, 4.164 per Carife) degli istituti falliti

Una protesta di azzerati Carife

Una protesta di azzerati Carife

Milano, 10 gennaio 2018 - Una nuova luce di speranza si accende per gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati azzerati con decreto salva banche. Era il 22 novembre 2015, il fallimento di Banca Marche, Etruria, Carichieti e Carife fu un antipasto di quello che sarebbe stata la realtà delle crisi bancarie nella stagione del bail-in. In quel caso 130mila azionisti e 10.500 obbligazionisti subordinati persero tutto il valore dei loro titoli, circa 2,7 miliardi bruciati. L’Arbitro per le controversie finanziarie della Consob ieri ha aperto la strada ai risparmiatori clienti delle vecchie quattro banche per rivalersi sugli istituti che le hanno comprate, cioè Ubi per Marche, Etruria e Chieti e Bper per Cariferrara.    «I clienti della vecchia banca, così come avrebbero potuto avanzare pretese risarcitorie nei confronti della Vecchia Banca», «allo stesso modo non possono non ritenersi legittimati a procedere in tal senso anche nei confronti della Nuova Banca», si legge in una delle decisioni prese dall’Arbitro relative – filtra da alcune fonti – a investimenti dei risparmiatori ricorrenti su azioni di Banca Marche nell’aumento di capitale del 2012. Una decisione che fa da apripista anche per le rivendicazioni dei risparmiatori e degli investitori delle altre tre banche.

Il tema oggetto della decisione non è l’azzeramento del valore delle azioni sottoscritte (riguardo alle quali il decreto di risoluzione solleva le nuove banche) quanto quello della della consulenza fornita ai clienti della banca, di cui è chiamata invece a rispondere, anche dopo la risoluzione, la good bank in virtà della «continuità dei rapporti contrattuali». Si parla di violazioni delle regole (Tub e Mifid) di correttezza e trasparenza nella prestazione di un servizio di investimento. Fonti bancarie spiegano che gli istituti acquirenti della 4 banche – cioè Bper e Ubi – hanno comunque una manleva anche per questo genere di iniziative, nel senso che «il fondo di risoluzione ha delle garanzie per i casi di rivalse con successo verso l’acquirente».

La decisione dell’Acf fa il paio con la sentenza del 31 ottobre scorso con la quale il Tribunale di Ferrara condannò in primo grado la Nuova Carife (cioè l’ente ponte creato per la cessione a Bper) al risarcimento di tutti i danni subìto da un risparmiatore che aveva comprato azioni per circa 19mila euro, oltre a rivalutazione monetaria, interessi e spese. «Non si tratta di decisioni vincolanti per gli altri giudici – spiega l’avvocato Giovanni Franchi dello studio Bdf (Bernardini, Di Brindisi, Franchi) che ha seguito la causa ferrarese – ma costituiscono dei precedenti ormai incontestabili: azionisti e obbligazionisti oggi possono agire contro le nuove banche per recuperare i propri soldi. Quella dell’Afc è una decisione importantissima anche per i risparmiatori di Etruria e credo che nei prossimi mesi vedremo aumentare le cause». Tra l’altro, aggiunge, «può agire anche chi ha aderito al rimborso forfettario dell’80% per la parte eccedente».   La via maestra è, dunque, quella del giudizio civile da avviare dopo aver dato corso alla mediazione obbligatoria. Naturalmente ogni caso è una storia a sé. A Bologna, ad esempio, il 28 novembre 2017 il giudice ha dato torto a un azionista che voleva rivalersi sulla Nuova Carife in liquidazione coatta amministrativa. Intanto, resta in piedi per gli obbligazionisti la strada degli arbitrati all’Anac, le cui udienze partiranno in questi giorni. Strada preclusa però a chi ha aderito al rimborso forfettario. Diverso il caso delle due banche venete acquistate da Intesa, qui ci sarà un organismo ad hoc per stabilire l’eventuale ristoro.