Argenta (Ferrara), 4 settembre 2013 - L’INCHIESTA sull’omicidio di Denis Bergamini, il calciatore di Boccaleone ucciso in Calabria quasi 24 anni fa quando giocava nel Cosenza, si arricchisce di un altro indagato. Accanto a Isabella Internò, l’ex fidanzata del giovane centrocampista, compare una seconda persona chiamata a rispondere di quel delitto ancora impunito. Atti di garanzia non risultano ancora notificati, è tuttavia la logica dei fatti che porta sul piano accusatorio la figura di Raffaele Pisano, il conducente dell’Iveco 180 carico di mandarini che il pomeriggio del 18 novembre 1989 dichiarò, al pari dell’ex fidanzata, unici testimoni oculari, di avere visto Bergamini gettarsi sotto il camion e di non avere potuto fare nulla per evitarlo. Balle. Bugie come argomentano le perizie legali affidate dal procuratore capo Franco Giacomantonio a due esperti di chiara fama ed effettuate sui reperti biologici di Bergamini, sul materiale fotografico e sui rilievi del piano stradale effettuati il pomeriggio della sua morte e ripetuti dai carabinieri.
 

Lavori che proverebbero come il camion di Pisano sormontò un corpo già privo di vita. La tesi del presunto suicidio — che la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro nel ’92 accolse in pieno basandosi quasi esclusivamente sulle testimonianze di Internò e Pisano —, risulta una mistificazione della realtà funzionale a coprire l’omicidio di Donato Bergamini. Quindi se mente Isabella, che non può avere visto il ‘volo’ di Denis sotto al camion, dice il falso anche Pisano. Questo il ragionamento della Procura. Dell’esistenza del secondo indagato si è saputo grazie alla notifica della proroga delle indagini, concessa fino al 26 marzo 2014, notificata a Isabella Internò e ai familiari di Bergamini. E’ vero che non compare il nome di Pisano nell’atto, ma quel ‘+1’ che segue il nome di Isabella, concorre a ipotizzare con ragionevolezza che si tratti proprio del camionista di Rende. Nei prossimi giorni sia Internò che Pisano — finora sentiti come persone informate sui fatti — compariranno davanti agli inquirenti sotto la scomoda veste di indagati di omicidio volontario. Sapremo allora se continueranno, come è intuibile avvenga, a sostenere l’inverosimile tesi del suicidio, se mostreranno qualche cedimento o se si nasconderanno ancora una volta dietro i ‘‘non so’’ e i ‘‘non ricordo’’.
 

Caterina Veronesi