Ferrara, la musica entra nell’arte. Morgan incanta con De André / FOTO

All'evento, al Castello estense, hanno partecipato anche Vittorio Sgarbi e Moni Ovadia. Guarda le foto

Da sinistra, Elisabetta Sgarbi, Morgan, Vittorio e Moni Ovadia (foto Andrea Samaritani)

Da sinistra, Elisabetta Sgarbi, Morgan, Vittorio e Moni Ovadia (foto Andrea Samaritani)

Ferrara, 15 agosto 2018 - "Mille violini suonati dal vento"e sulle note di ‘Piove’ di Domenico Modugno, ieri Morgan, nell’imponenza della sala degli stemmi del Castello estense, tra un pubblico numeroso e giovane, dopo aver attraversato a testa alta e respirato armonia tra le 130 opere della collezione, è riuscito a far cantare anche Vittorio Sgarbi (FOTO). "Una canzone che piaceva a Rina – ha ricordato – che ce la faceva cantare ogni volta che ci incontravamo". E Morgan porta tra le sale del Castello la musica, quella vivace, forte, viva, popolare e profonda. E’ la musica che pensa. Non si tira indietro di fronte alle provocazioni di Elisabetta Sgarbi, la sua editrice, che pubblicherà con la Nave di Teso il libro ‘La canzone perfetta’. E l’intesa perfetta Morgan la trova con la Cleopatra di Artemisia Gentileschi "Stuprata da Agostino Tassi – ha incalzato Elisabetta Sgarbi –. Una parola che ti fa sobbalzare, pensando ad Asia Argento".

Morgan sceglie la cultura di un sentimento che analizza e sviscera De André, arpeggiando, suonando e cantando ‘La canzone di Marinella’. "Questa è la canzone di un disamore – spiega Morgan –. Innamorarsi di un re senza corona e senza scorta, che non esiste, significa che una donna si sta ingannando. Quell’uomo non si accontenterà e il suo carattere violento non cambierà". Dalle note è un messaggio alle donne. Il Tarlo è invece la canzone che ha cantato con Moni Ovadia, un testo di rivolta e libertà.

Dalla musica i messaggi di oggi che incarnano e sviscerano i sentimenti degli uomini. "Persone come Moni e Morgan – ha ricordato Vittorio Sgarbi – hanno un senso alto dell’arte. Sono curiosi. Si innamorano di ciò che è bello". Poi cita Pirandello: "I personaggi si dividono tra vita e forma – ha detto – gli artisti come loro, che sono se stessi, hanno la vita, che esonda dalla forma. Sono come la mano degli scultori, sono spirito nella pietra che si innalza". Poi il ‘tocco Sgarbi’. "Sono molto contento che le sale siano piene perché abitate dalla collezione, altrimenti sarebbero solo vuote dell’allestimento di Gae Aulenti, con le sue stampe".