Sgarbi, ‘lezione’ sulla rivoluzione di Caravaggio. Applausi al Comunale

Teatro gremito mercoledì sera per lo spettacolo del critico d’arte

Vittorio Sgarbi (foto BusinessPress)

Vittorio Sgarbi (foto BusinessPress)

Ferrara, 27 ottobre - Chiamiamolo il ‘teatro lezione’. Lo ha portato in scena Vittorio Sgarbi mercoledì riempiendo in ogni ordine il teatro Abbado per la cinquantesima replica dello spettacolo su Caravaggio che da novembre calca i palcoscenici d’Italia. Spettacolo che è tale per la meraviglia posta agli occhi e all’intelletto nelle due ore abbondanti in cui Sgarbi guida alla rivoluzione caravaggesca con la personalità seducente che gli è propria, senza farsi presenza ingombrante ma piuttosto illuminante. In principio pure spiazzante.

Sono il cadavere martoriato di Pier Paolo Pasolini e l’elegia funebre di Alberto Moravia, l’accostamento eloquente con cui innesca il parallelo fra due padani, il Pasolini bolognese e il Merisi milanese, tenuti insieme dal critico d’arte Roberto Longhi. A questi che il regista e scrittore conobbe da professore all’università si deve infatti la rivalutazione di Caravaggio e del barocco, il cui valore era offuscato dal linguaggio rinascimentale toscano. Come in una rappresentazione di vite parallele, Sgarbi esalta il neorealismo impresso nei volti dei ragazzi di strada che Caravaggio sceglieva per modelli, accostandolo per straordinaria somiglianza ai visi dei ragazzi di vita di pasoliniana frequentazione.

È il la a una cospicua sequenza di capolavori del Merisi, letti in cronologia e per la novità assoluta che offrono: la pittura della realtà. È il Caravaggio dell’intuizione della fotografia, se non addirittura del cinema, grazie alla capacità di cogliere le reazioni psicologiche di soggetti fino allora fissi in consolidate iconografie. San Paolo, san Matteo, san Giuseppe, Maria Maddalena, la Madonna; di ognuno, Sgarbi restituisce per confronti con altri pittori o già solo con la sua affilatezza di pensiero un’immagine parlante, l’evidenza della forza di Caravaggio. Il finale è per le opere successive alla sua fuga da Roma, reo di omicidio, cupe, violente e schiacciate da colpa e pentimento. Sgarbi le penetra senza mai interrompere il filo diretto che pare intrattenere con la testa e la vita del Caravaggio. Concedendosi solo infine una dedica alla scomparsa madre Rina e al padre Nino, presente in sala con i suoi 95 anni, e attraverso di lui a Ferrara, «luogo della mia passione e del mio desiderio; felice di poter rappresentare la gloria anche della nostra città».