"La chiusura del Kleb? Doveva fermarsi prima"

Roberto Mascellani, tra ieri e oggi: "Una crisi che è stata inutilmente prorogata. Il presente? Con Crovetti ho consigliato a Maiarelli l’idea della Fondazione".

"La chiusura del Kleb?  Doveva fermarsi prima"

"La chiusura del Kleb? Doveva fermarsi prima"

di Mauro Paterlini

FERRARA

"Come iniziò tutto? Eravamo nel piazzale del palasport, all’indomani della sconfitta della Semper nella finale promozione contro Barcellona, che chiudeva la stagione ma apriva un capitolo societario molto complesso. E fu lì che il sindaco Roberto Soffritti e il presidente di Carife Alfredo Santini mi chiesero cosa si poteva fare... Ci pensai e da lì cominciò tutto".

Inizia con questo flashback la chiacchierata con Roberto Mascellani, presidente dell’epoca d’oro della palla a spicchi estense, dal 1999 al 2011, attraverso due anni di serie A e diverse stagioni di vertice in A2. Annate forse irripetibili, il ciclo più lungo e vincente per il basket estense.

"La mia vicenda iniziò con il fallimento della Semper di Lauriola – spiega Mascellani – e con un gesto d’amore verso la pallacanestro, io che all’epoca ero solo un tifoso, abbonato alla Virtus, pagando la trasferta di Barcellona all’allora Semper, per farle giocare gara 2 di finale".

Come avvenne la nascita del Basket Club?

"Era un’operazione complicata, perchè non volevo ovviamente rilevare la Semper, e devo dire che fu fondamentale Franco Scopa, un grandissimo personaggio del nostro basket. Con lui nel giro di un mese si creò una nuova società, transando con i tesserati, tacitando Lauriola e iscrivendo così la neonata società alla serie B1. Poi, con l’appoggio di Comune e Carife, andammo dall’allora presidente federale Maifredi. Il resto lo sapete...".

Un progetto che decolla e che si rivela vincente, negli anni.

"Un progetto decollato con l’arrivo di un manager come Sandro Crovetti. Portammo a Ferrara grandi allenatori e grandi giocatori, arrivando per la prima volta in serie A, portando pubblico al palasport. All’epoca c’era la concorrenza del volley di serie A1 che occupava molti spazi".

Veniamo al presente: il Kleb è scomparso nel bel mezzo della stagione. Che idea si è fatto?

"Mi pare una crisi inutilmente prorogata negli ultimi anni, senza nessuno che mettesse insieme, come accaduto ai miei tempi, passione sportiva e risorse economiche, mie e della città. Ma d’altronde questa città è rimasta senza la sua banca e tutti, non solo lo sport ferrarese, pagano ancora oggi un prezzo altissimo per il ’delitto’ compiuto ai danni della Carife. Non può certo essere il Comune a fare le veci di una banca".

Un problema quindi, quello del Kleb, che nasce alcuni anni fa?

"Io dal basket ne sono uscito principalmente per motivi di salute, perchè il mio rischio di vita è aumentato ovviamente dopo quanto accaduto nel 2010. Nella mia ultima stagione abbiamo cercato con grandi sacrifici di mantenere il titolo di serie A2, vendendolo poi a Bologna e lasciando agli imprenditori ferraresi che sono venuti dopo di me una società pulita e senza debiti. Non volevo che la città rimanesse senza basket, e così accadde. Bulgarelli per me fece un buon lavoro, arrivò in serie A2 e quando nel 2015 manifestò l’intenzione di vendere, Maiarelli era pronto a subentrare, su pressione di diversi amici e del sottoscritto".

Poi cosa accadde? Fu la famosa estate del 2015...

"Diciamo che non si crearono le condizioni e la trattativa per la vendita si interruppe".

Dopo tre anni, ecco l’approdo di D’Auria...

"Lo conobbi personalmente durante quella bellissima serie playoff contro Scafati, vinta in cinque gare. Mi diede l’impressione di una persona con grande entusiasmo".

L’ultimo suo contatto con il Kleb?

"La scorsa primavera, attraverso l’amico Matteo Mazzoni. Una persona a cui la città deve molto, che mi chiese di dargli una mano. Ragionammo con Sandro Crovetti e nacque l’idea di una Fondazione, come avviene a Varese e Bologna. Consegnammo poi questa idea progettuale a Riccardo Maiarelli. Era un progetto con tre gambe: una società sportiva, un forte coordinamento col movimento giovanile e una fondazione che raccogliesse un gruppo di imprenditori, il famoso ’Club dei Cinquanta’. A fine stagione però, D’Auria non riuscì ad accollarsi il peso che aveva detto di poter sostenere e sparì per motivi di salute. Quindi venne sospesa ogni operazione".

L’attualità?

"Dispiace per come è finita, era il caso di fermarsi a luglio. Mi pare ci siano chiare responsabilità personali".

Il futuro prossimo?

"L’unico che può prendere il mano le redini è Riccardo Maiarelli, a cui rivolgo un appello, con il pilastro delle giovanili al suo fianco".