Spal, rischio ultimo posto e record di sconfitte

Finisce peggio un campionato che già era iniziato male. Troppi gli errori commessi: dalla società al ds. Dai tecnici ai giocatori.

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di Mauro Malaguti

Iniziata male, si conclude in largo anticipo e peggio, la stagione della Spal. La resa a 7 giornate dalla fine è lampante, e solo a parole si può pensare a un futuro che non sia di serie B. In sè accettabile: la Spal in A rischierà di retrocedere ogni anno, non si chiede l’Europa. Inaccettabile è la modalità. La Spal è ultima in tutto: in classifica, in graduatoria post-Covid (1 punto in 5 gare, unica col Genoa a non aver mai vinto, e domani c’è il confronto diretto a Marassi), per gol segnati. Ma ancora passi, anche se mai ha concluso nella sua storia una stagione reggendo il fanalino di coda. E’ che è ultima anche per garra, per voglia, per gioco, per presenza. E’ molle e non più pervenuta, fuori dal campionato con la testa molto primo del tempo. E’ troppo chiedere dignità in questo finale che sembrerà interminabile? Lo 0-3 con l’Udinese ha detto sì. E’ troppo chiedere di scansare almeno la maglia nera? Forse sì. Si rischia un percorso di sole sconfitte, che alla Spal più piegata della storia (22 rovesci in 31 partite) rischia di costare anche il record assoluto della serie A, che è di 29 ko ed è appannaggio del Benevento 2017-18. Di questo passo, non è difficile che venga eguagliato. E’ un anno davvero triste, ricco di errori e di sfortuna. Quest’ultima si è sostanziata sotto forma di infortuni lunghi e importanti soprattutto a Fares, D’Alessandro, Di Francesco e infine Berisha.

Autogol e rigori falliti (appena due) fanno invece parte del gioco. Poi c’era stata prima la vicenda del sequestro dello stadio, e dopo - per tutti - la pausa da virus. Proprio la celebre conferenza stampa di dissequestro, così poco convinta, aprì gli occhi sul fatto che sarebbe stato un anno sofferto. Poi la società capì l’errore, si corresse, Mattioli a Natale rilanciò con forza. C’era tempo per riparare. Ma il mercato di gennaio non è andato nel senso delle sue parole, con la madre di tutti gli errori: il mancato acquisto del partner di Petagna. In quel caso, la proprietà aveva stanziato la somma per prendere un attaccante, tant’è che Vagnati trattò Marko Livaja sino all’ultimo istante. Non mancò quindi la volontà di acquistare la punta: fu un clamoroso sbaglio del ds non dotarsi di un piano B, come sempre si deve fare quando ci si riduce allo scoccare del Big Ben. E infatti, dopo il no dei greci, nell’ultima mezz’ora si tentò alla disperata per Zaza: ma era troppo tardi, roba di minuti.

Ma di suo, anche la dirigenza, dopo anni senza macchia, ha sbagliato tanto. Errori principali, la insistita sopravvalutazione di un organico indebolito - e che tale è parso a troppi addetti ai lavori dal principio alla fine, bisogna dirlo - e le scelte concernenti la panchina. Qui ognuno ha la sua teoria: non si doveva confermare Semplici, lo si doveva esonerare prima, non si doveva chiamare Di Biagio, non si doveva cambiare proprio. Sia come sia, né decisioni né tempistiche si sono rivelate felici. Di Biagio ballando tra i moduli ha fatto perdere anche il briciolo di identità che la Spal con Semplici aveva. Si voleva ottenere una squadra più da battaglia, invece approccio e spirito combattivo sono svaniti del tutto. Le ultime due gare parlano chiaro: per la Spal ora le partite finiscono (male) già prima dell’intervallo. Non è mai andata bene, ma andava (poco) meglio quando andava peggio. Il silenzio attuale della società è comprensibile ma stona, infine. E’ andata male, ma è solo calcio. Nessuno mette in dubbio la buona fede dei protagonisti. E il popolo spallino chiede solo rassicurazioni.

Adesso è anche tempo di guardare avanti. La società è finanziariamente solida (vendere, Vagnati ha venduto bene...) e cederà ancora a partire da Fares: assieme al ’paracadute’, c’è un gruzzoletto. I Colombarini hanno varato un piano triennale. Si cercheranno una serie B d’avanguardia e un pronto riscatto. Queste sembrano le intenzioni del club. Se le cose andranno per il verso giusto, tra dodici mesi sarà tutto dimenticato. Ma prima di ripartire ci sono sette partite che si preannunciano da panico, non per la classifica, ma per l’onore. I tifosi tengono a un finale dignitoso dopo un anno sballato. Anche se assenti, anzi, a maggior ragione per questo, vanno rispettati. E qui tocca a mister e calciatori.