Coronavirus Forlì, il primario "Minorenni, solo 15 casi. Rischiano meno"

Il primario di Pediatria, Enrico Valletta, fotografa la situazione: "I bambini non sono immuni, ma la malattia non progredisce"

Enrico Valletta, primario del reparto di Pediatria dell’ospedale di Forlì (Frasca)

Enrico Valletta, primario del reparto di Pediatria dell’ospedale di Forlì (Frasca)

Forlì, 8 aprile 2020 - «Non abbiamo bambini ricoverati per il Coronavirus e finora i 6-7 tamponi fatti in ospedale ai minorenni che presentavano qualche sintomo, sono risultati negativi". Fotografa così la situazione Enrico Valletta, primario del reparto di Pediatria dell’ospedale di Forlì. Come accade ormai ovunque, i più giovani sono quasi totalmente risparmiati dalla pandemia.  

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Dottor Valletta, i bambini non si ammalano di Covid-19? "La loro situazione è sicuramente molto più leggera. La percentuale dei contagiati viene stimata attorno al 2-2,5% ma il dato non è attendibile, perché molti sono asintomatici, dunque sfuggono alle statistiche". Qual è il bilancio finora a Forlì? "I dati forniti dal servizio di igiene pubblica dell’Ausl, indicano che sotto i 18 anni i positivi sono una quindicina di casi, il più piccolo di 1 anno e il più grande di 18, perlopiù con sintomi lievi. In ospedale abbiamo fatto 6-7 tamponi in tutto, ma sono risultati negativi". Chiariamo un punto, perché qualcuno dice: i bimbi sono immuni al virus. "Immuni no, tutti possono essere infettati, persino i neonati. Il problema sono le conseguenze, e qui si è visto, in tutto il mondo, che le differenze sono notevolissime a seconda dell’età del paziente".  

Parliamo di contagi. Alla fine di febbraio, quando le scuole sono state chiuse, molti genitori impegnati nel lavoro, hanno affidato i figli ai nonni. Cos’è accaduto? "Da una parte la chiusura era doverosa perché la comunità scolastica rappresentava un pericolo grosso di diffusione del virus. Purtroppo è possibile che il contagio, nei primi giorni, si sia trasmesso dai bambini, che non presentavano sintomi, agli anziani. Ora però questo fatto dovrebbe essere superato e i piccoli, se le famiglie hanno rispettate le misure restrittive, non dovrebbero più essere una fonte di infezione". Domanda a cui nessun esperto pare saper rispondere: perché i giovani non sono sopraffatti dal Covid? "Non è facile capirlo e la risposta non ce l’ha nessuno. Si fanno alcune ipotesi, che saranno sviluppate e approfondite col tempo". Quali sono le teorie più accreditate? "Il virus colpisce i recettori dell’apparato respiratorio e quelli dei bambini sono meno attaccabili dal Coronavirus. Poi c’è il problema della risposta dell’organismo all’infezione, i piccoli sono meno reattivi e la malattia non progredisce. Soprattutto i bambini sono sostanzialmente sani, non subiscono il peso concomitante di altre patologie. Non dimentichiamo che la gran parte delle persone morte presentavano una o più malattie pregresse".  

Chiusi in casa, i giovanissimi manifestano altri sintomi di disagio. "È già ampiamente dimostrato che i bambini in questo periodo soffrono di difficoltà psicologiche. Vivono isolati dagli amici e inoltre sviluppano comportamenti sbagliati: sedentarietà, troppe ore davanti agli schermi, troppo cibo". Cosa si sente di consigliare alle famiglie? "L’esempio dei genitori è fondamentale, innanzitutto nello spiegare perché stiamo osservando queste precauzioni. Poi i bambini non vanno abbandonati davanti a telefonini e tv, travolti da messaggi spaventosi. Prima o poi finirà, nel frattempo abbiamo una grande occasione per sfruttare al meglio tutto questo tempo assieme, riscoprendo giochi antichi o inventandone di nuovi, dando spazio alla creatività, leggere assieme, prendere un po’ di sole in giardino o in terrazza". © RIPRODUZIONE RISERVATA