"L’amore per il basket ci ha sempre unito"

Il dirigente sportivo, che poi ha fatto carriera a livello mondiale, era amico di Ravaioli fin da giovane, "all’oratorio"

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Fra una riunione e l’altra, in una delle solite giornate frenetiche, il forlivese Maurizio Gherardini da sette anni general manager del Fenerbahce Istanbul, uno dei club di basket più importanti d’Europa, e prima ex dirigente nell’americana Nba, si ritaglia uno spazio per ricordare il suo vecchio amico Ugo Ravaioli.

"La notizia della morte di Ugo, comunicatami da amici forlivesi – racconta il dirigente sportivo –, mi ha molto rattristato perché ci conoscevamo da più di 50 anni. Ci siamo conosciuti quando eravamo giovani e di belle speranze e i primi ricordi della sua amicizia risalgono a metà degli anni ‘60 quando tutti e due frequentavamo parrocchia e oratorio di Ravaldino. Quell’ambiente e quelle frequentazioni ci hanno plasmato. In comune avevamo anche la grande passione per il basket. Inoltre io da adolescente sognavo di imparare a scrivere e lui, che aveva già cominciato a farlo, per me era un po’ un punto di riferimento e in questo modo il nostro rapporto si è sviluppato, anche perché lui mi insegnava non solo come scrivere ma anche come ragionare scrivendo. Poi – continua Gherardini nato il 22 settembre del 1955 e quindi di quattro anni più giovane di Ravaioli –, il mondo è un po’ cambiato e le nostre strade si sono in parte divise: io sono diventato un uomo di sport, mentre lui è diventato una delle migliori penne, sportive e non solo, che la città di Forlì abbia mai avuto. I suoi articoli evidenziavano sempre pregi e difetti delle varie situazioni, ma anche quando non ti trovavi d’accordo con quello che aveva scritto non potevi non rispettare il suo punto di vista, anche le sue critiche per com’erano scritte e per la profonda cultura che traspariva".

Poi Gherardini ha iniziato a girare per il mondo e "inevitabilmente ci siamo persi, ma io sapevo sempre dove trovarlo e credo che anche lui sapesse sempre dove poter trovare me. Lui e Marino Bartoletti hanno sempre rappresentato per me che iniziavo a scrivere, un riferimento ed un modello, sia per la qualità della scrittura, sia per le doti di ragionamento, sia per l’ironia che spesso traspariva dagli articoli. E poi mi piaceva discutere con Ugo anche delle situazioni meno piacevoli e più intricate perché il suo punto di vista – conclude – ti lasciava sempre qualcosa su cui riflettere".

Stefano Benzoni