Forlì, così trent’anni fa le Brigate Rosse uccisero Roberto Ruffilli

Il 16 aprile 1988 spararono al docente e senatore della Dc nella sua casa

Roberto Ruffilli aveva 51 anni

Roberto Ruffilli aveva 51 anni

Forlì, 16 aprile 2018 – Era il primo pomeriggio del 16 aprile 1988 – esattamente trent’anni fa – quando il professor Roberto Ruffilli, 51 anni, veniva ucciso nella sua casa, al civico 116 di corso Diaz a Forlì. Docente universitario, senatore democristiano, cattolico cresciuto all'oratorio San Luigi, uomo vicino al nuovo presidente del Consiglio Ciriaco De Mita. Era l’uomo delle riforme per la Dc: capogruppo della ‘commissione Bozzi’, il primo tentativo – naufragato – di mettere mano all’architettura istituzionale. L’idea di Roberto Ruffilli è rinnovare la democrazia e i partiti, tornando a mettere il cittadino come fulcro della vita civile. Anche per questo le Br volevano colpirlo.

Ruffilli era scapolo, viveva solo. Era tornato quella mattina in treno da Roma. Aveva presentato un libro. Era rientrato in corso Diaz. I brigatisti – Stefano Minguzzi e Franco Grilli – lo aspettavano. Si fingono postini. Hanno rubato un furgone. Maneggiano una scatola come se fosse un pacco da consegnare. Suonano e Ruffilli apre. L’esecuzione è spietata, senza scrupoli: lo fanno inginocchiare e gli sparano. Quello che i sicari delle Br non sapevano è che sarebbero stati incastrati da decine di testimoni che li avevano notati nei pressi di Ravaldino. Già dopo poche ore il furgone fu individuato, e lì furono rilevate le impronte digitali. Pochi mesi dopo furono presi gli esecutori materiali e il resto del commando. Ne nacque un processo epocale, che si celebrò con eccezionali misure di sicurezza in tutto il centro, e portò a undici ergastoli. Consegnando il terribile fatto di sangue alla memoria, a una lezione scolpita nella storia. Nel trentennale della morte, è atteso in città anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella