"Il modello Forlì nel Cuore non funzionava più Si prenda spunto dalla gestione degli iper"

Francesco Ferro (Integra Solutions) affiancò la società in fase di lancio. "Da quando il Comune era uscito, non era più la stessa cosa"

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di Sofia Nardi

Francesco Ferro, ceo dell’agenzia di comunicazione ‘Integra solutions’ e presidente di Cna Turismo e Commercio, con l’agenzia lei è stato a fianco di Forlì nel Cuore nei primi anni di attività. Qual è stato il vostro ruolo?

"Abbiamo dato il nostro contributo allo startup della società quando il Comune le offrì il coordinamento alle azioni di promozione del centro storico. Abbiamo seguito il progetto dal 2010, quando partì, fino al 2014".

Cosa ricorda?

"Il periodo era complesso. Era già iniziata la crisi del commercio e in più stavamo facendo i conti con la crisi economica esplosa nel 2009. Eataly ancora non c’era, ma in compenso nel 2011 aprì l’iper con un certo ritardo rispetto alle altre città: noi abbiamo subìto l’impatto in un momento già problematico".

Il progetto di Forlì nel Cuore era innovativo.

"L’elemento davvero innovativo era soprattutto la capacità di trovare un modello unitario di promozione del centro, capace di tenere insieme molte realtà: il Comune, i commercianti, tutte le associazioni di categoria e i grandi stakeholder che, al tempo, erano Fondazione, Camera di Commercio e Provincia. Certo, l’attenzione all’organizzazione di eventi era alta, ma c’erano anche molti altri progetti per il rilancio dell’economia".

A quali si riferisce?

"Se si pensa a Forlì nel Cuore vengono subito in mente i Mercoledì, le degustazioni di vino, le giornate del cioccolato, il Natale… In realtà erano tante le nostre attività pensate per avere una ricaduta sui negozi. Siamo stati tra i primi a proporre una forma di cashback quando, nel 2013, lanciammo la ‘card del cuore’. Pensavamo anche all’accessibilità con navette gratuite e i ‘gratta e sosta’. Questo è uno dei tre modelli che possono funzionare per il centro".

Quali sono gli altri due?

"L’alternativa al modello ‘Forlì nel Cuore’ potrebbe essere, per il Comune, quello di mettere in campo un city manager, ovvero un funzionario che si dedichi a tutte le attività di coordinamento del centro. Un’altra possibilità ancora è quella di adottare un sistema misto in cui il Comune si fa carico di elementi più tecnici, ad esempio accessibilità, viabilità e arredi urbani, e altri soggetti si occupino degli eventi e degli aspetti culturali".

Qual è la sua opinione in merito alla cessione di marchio ‘Forlì nel Cuore’ al Comune?

"Penso che fosse un esito annunciato. Dal 2014 il Comune aveva cessato di coordinare Forlì nel Cuore. Da allora gli operatori e le associazioni hanno fatto miracoli, ma facevano i conti con un modello di gestione che non era congruo".

Quali sono ora le prospettive?

"Quando abbiamo iniziato il Comune ci dava 100mila euro per le attività dell’anno, più 50mila per il Natale. A questa cifra andavano sommati circa 50mila euro che arrivavano da raccolte fondi autonome. Può sembrare una cifra alta, ma in realtà è modesta: negli ultimi anni una cifra simile viene usata per il solo Natale. Le risorse, insomma, sono aumentate. Il tema della governance, invece, è da sciogliere al netto della programmazione che si sceglierà di fare: un centro cittadino dovrebbe mutuare il modello che si usa nei centri commerciali, tenendo insieme tutti gli aspetti".

La cessione del marchio arriva a pochi giorni da quello della chiusura di Eataly. Periodo nero per il centro?

"Il Covid non ha aiutato Eataly. Poi, certo, quel contenitore è complesso da gestire e non sono del tutto convinto che quel tipo di offerta commerciale possa funzionare in quella specifica location".

Quale eredità lascia ‘Forlì nel cuore’?

"Ha fatto molto. Ha inventato i ‘Mercoledì’ che oggi sono un’istituzione, ha riqualificato i Giardini Orselli, contribuendo alla nascita del distretto del cibo di piazza Cavour, ha portato la pista di ghiaccio in piazza e tanto altro ancora. Oggi i tempi sono cambiati, il commercio affronta nuove sfide più articolate e complesse rispetto a dieci anni fa ed è normale che anche l’approccio, con l’avanzare dei tempi, debba cambiare".