Il primario: "Zero ragazzi ricoverati Per ora possono restare sui banchi"

Enrico Valletta, guida di Pediatria: "Il compromesso adottato mi sembra ragionevole. Attenzione: è vero che i contagi sono in aumento, ma non sono stati veri e propri focolai"

Enrico Valletta

Enrico Valletta

di Fabio Gavelli

"Tenere le scuole aperte o chiuse è un problema complesso, che non si presta a semplificazioni. Al momento, vista la situazione nel Forlivese, credo si sia presa una buona scelta di compromesso". Al dottor Enrico Valletta, primario di Pediatria dell’ospedale di Forlì, abbiamo chiesto di fare il punto su giovani e Covid, alla luce del recente aumento di contagi.

Dottor Valletta, è vero che bambini e adolescenti si ammalano di più, con la variante inglese del virus?

"Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, c’è stato un incremento di contagi del 18% nell’ultima settimana, a livello nazionale. Si tratta tuttavia nella stragrande maggioranza di casi asintomatici o con lievi sintomi".

In ospedale non ci sono bambini ricoverati?

"No e non assistiamo a un aumento di casi gravi o impegnativi, anche se la contagiosità è indubitabilmente in crescita".

Dalla seconda ondata in poi cosa avete notato?

"In ospedale sono stati ricoverati una ventina di ragazzi, ma per patologie diverse dal virus. Poi, sono risultati anche positivi al Covid. Ci sono stati tuttavia due bambini affetti da Mis-C, la sindrome infiammatoria multisistemica riscontrata come conseguenza del Coronavirus. Sono guariti, ma è una patologia importante".

Come incide la variante inglese?

"Non credo che lo scenario cambi di molto, probabilmente è più diffusiva, che sia anche più aggressiva non ci sono certezze".

Tema del giorno: chiudere o no tutte le scuole?

"Come accennavo, non è un discorso semplice. I pediatri hanno ragione nel sostenere che la prolungata assenza dalle aule porta disagi nei bambini, in particolare a quelli più svantaggiati, che non dispongono di pc e collegamenti. Ci si basa anche sul fatto che finora le scuole non sono state focolai di infezione, anche se di casi ce ne sono, ma vengono gestiti con le quarantene limitate".

Cosa fare, in definitiva?

"Il problema è che vanno tenuti in conto anche altri fattori: i trasporti, gli insegnanti, il personale scolastico. Perciò, non è detto che gli istituti debbano stare sempre aperti. Qualora ci fosse un’impennata della pandemia, le chiusure temporanee possono dare una mano a contenere i contagi. Occorre decidere di volta in volta, territorio per territorio".

Adesso nel Forlivese questa soglia di allarme non è stata superata?

"No. Per questo mi sento di dire che il compromesso adottato dalle autorità mi pare la cosa giusta da fare".

L’insofferenza verso le restrizioni sta diventando prevalente, anche fra i giovani.

"È così, infatti assistiamo purtroppo a comportamenti imprudenti, soprattutto il venerdì e il sabato all’ora dell’aperitivo, fuori dai locali. Questo è un problema, tali atteggiamenti sono sbagliati".

Stanno esplodendo anche le conseguenze psicologiche dovute a solitudine, rinunce e costrizioni?

"Lo confermo, lo verifichiamo ogni giorno in ospedale, che pure è la punta dell’iceberg. Il servizio di Neuropsichiatria è sottoposto a una pressione crescente e non più gestibile".

Esempi?

"Non parliamo solo di disturbi alimentari, ma di comportamenti aggressivi, atteggiamenti autolesionistici, persino tentativi di suicidio, fra i ragazzi dai 12 anni in su. Sono problemi gravi, che si trascineranno per molto tempo. Nascono anche da questi fatti le preoccupazioni dei pediatri quando si prospettano le chiusure scolastiche".