di Marco Bilancioni "Il mio modello è il Maxxi di Roma, anche se noi siamo più piccoli e Forlì non è una capitale. Intendo dire che il nostro polo culturale di riferimento, il San Domenico, dovrebbe essere un punto d’attrazione non solo per le grandi mostre. Al Maxxi c’è tutto, comprese esposizioni degli artisti di quartiere, e quindi i romani lo frequentano a prescindere, sapendo che troveranno sempre qualcosa di interessante. Su un progetto come questo, si possono trovare fondi nazionali". Valerio Melandri, lei è assessore alla cultura del Comune di Forlì. Sul Carlino di domenica ha lanciato la proposta del ‘San’. Può spiegare meglio? "La sigla significa Spazi Artistici Nuovi e prende a prestito il prefisso di tutti i luoghi attorno a piazza Guido da Montefeltro: San Domenico, San Giacomo, San Sebastiano e, permettetemi una forzatura, Santarelli. Potremmo averne un quinto: un museo diocesano nel palazzo vescovile". Andiamo con ordine. Il San Domenico, e spesso il San Giacomo ad esso collegato, ospita le grandi mostre come Maddalena, ma anche la fotografia. Il resto non è ancora un po’ poco? "Riconosco che la partenza è in salita ma non siamo a zero. In quel complesso si svolgono anche il Festival del Buon Vivere e quello di Caterina Sforza. E guardi che nell’autunno 2022 non c’è una data libera per un convegno al San Giacomo. E anche il San Sebastiano, uno spazio per il moderno e gli artisti locali, è molto richiesto: abbiamo 10-15 esposizioni in attesa". Scusi però: una cosa sono i convegni e un’altra è la cultura. Cosa dovrebbe ospitare il San Giacomo? "Per sei mesi e anche di più, le mostre. Nei restanti, è un auditorium aperto alla cittadinanza. Ho parlato con gli organizzatori di Sedicicorto: è giusto che il loro festival di cortometraggi si tenga lì. E allo stesso modo il Festival della Traduzione ...
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