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di MAURIZIO BURNACCI
UNDICI anni fa, 27 novembre 1997: Tolmino Giunchi riceve un bel regalo prenatalizio, 210 milioni di lire. Il denaro viene elargito sotto forma di quota partecipativa della società Immobiliare Ex Zuccherificio — titolare dell’area dismessa di via Gorizia —, che viene intestata all’anziana madre dell’ingegner Tolmino, zar della Provincia — per i maligni, di tutta l’amministrazione, non solo del suo settore, l’Ambiente. L’omaggio, assai gradito dall’aitante Giunchi — allora è già alla soglia dei sessanta, ma imperiosamente portati a spasso — emerge quattro anni dopo, dragando il mare oscuro di Rifiutopoli Uno. Ad allungare con devozione quella fetta di torta è Giacomo Laghi, padre fondatore dell’omonima ditta di San Lorenzo in Noceto, leader nello smaltimento dei rifiuti e nello spurgo dei pozzi neri — suoi sono gli appalti delle ditte pubbliche più importanti, tra cui Trenitalia e Ausl di Forlì.

L’EPISODIO è agli atti del procedimento, ieri approdato in molo dopo sette anni d’inchiesta grazie alla preziosa scialuppa di un maxi-patteggiamento (il rito alternativo prevede lo sconto di un terzo): complessivamente gli imputati sono stati condannati a 17 anni 5 mesi e 15 giorni. Un verdetto smaltito grazie all’indulto firmato dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella nell’estate del 2006, specie per quel che riguarda Giacomo Laghi e il figlio Roberto, usciti dal tribunale con 4 anni a testa. Quattro meno tre di indulto fa uno. Buona parte della pena residuale è però già stata scontata con le misure cautelari del 2004. Il resto del debito con la giustizia (poco più di sei mesi) verrà assorbito con l’affidamento ai servizi sociali.

QUELLA QUOTA di 210 milioni — intestata alla madre di Giunchi per evitare sospetti di conflitto d’interessi — sarebbe servita a riscaldare i muscoli dello ‘zar’, che avrebbe in questo modo fatto pressioni negli uffici provinciali preposti — in cui lui spadroneggiava — per ottenere il rilascio della certificazione dell’avvenuta bonifica di quell’area, pronta in quel modo a spiccare il volo verso la riconversione in centro commerciale — in realtà un’altra inchiesta scattata nel 2002 tarperà le ali all’Ex Eridania, tuttora presidiata da una melassa d’incuria: edifici pericolanti, bubboni di erbacce e rovi dappertutto.
La regalìa di Giacomo a Tolmino è solo un frammento delle migliaia di carte e delle centinaia d’intercettazioni telefoniche che dal 2001 al 2004 ha cibato il fascicolo targato Rifiutopoli Uno. Frammento esemplare di un panorama investigativo che ha tenuto impegnati il pm Filippo Santangelo e i carabinieri per giornate (e nottate) intere.
Lo sbocco raggiunto ieri soddisfa un po’ tutti: la procura in primo luogo, che per la prima volta ha delineato un affresco inquietante di una Forlì non sempre impeccabile quando c’è da riflettersi nello specchio delle pubbliche virtù. I vizi privati sono affiorati a volontà. E hanno travolto dirigenti e impiegati — ovvero la spina dorsale della burocrazia — di strutture centrali della comunità sociale, come Hera, Ausl e Arpa, l’agenzia di protezione ambientale. Le condanne certificate dal giudice Francesco Cortesi, per il pm Santangelo e tutti gli investigatori impegnati in questa trincea cittadina suggellano un lavoro che sulle prime appariva a dir poco impervio.

MA IL BILANCIO maturato ieri non suona affatto stonato per le difese. Tra patteggiamenti e prescrizioni la scrematura è stata forte. I protagonisti della scena lasciano i riflettori senza troppi traumi. Escono puliti i dirigenti di Hera. E soprattutto ora sono vuote le sedie delle star, quelle che nella sceneggiatura iniziale spiccavano su tutte. E su tutti, spiccava Tolmino (difeso da Marco Martines). Accusato d’essere il gran collettore del flusso tangentizio che rimbalzava tra Provincia e aziende private, Tolmino esce con due anni di pena. Al posto della cifra paventata un anno fa (un milione di euro!), sborserà 70mila euro per coprie la spesa delle intercettazioni telefoniche. La Regione e la Provincia (parti civili), avranno come danni 3.428 e 1.400 euro. Ieri Tolmino appariva soddisfatto: era privo del solito borsalino in testa, e in giacca di lino verde oliva, camicia rosa, cravatta sul rosso damascato e due Ray-ban marroncini sul naso se n’è andato nel tardo pomeriggio per le vie della città. E’ cominciata così, ufficialmente, la sua vita da pensionato.