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SE IL LIBRO di Umberto Pasqui Gli strani casi del principino Vanostemma fosse un quadro (come lo è quello di Enzo Pasqui riprodotto nella copertina) potremmo definirlo surreale perché intreccia, con straordinaria carica fantastica, il reale e ciò che può essere il prodotto solo di unimmaginazione che vola fra le nubi dellinverosimile e del magico.
Partiamo dal nome del principino (che poi principe non è) di Malmissole e Roncadello: Robertino Consalvo Maria Vanostemma, nome complesso e lontano da quelli che possono far parte di una fiaba per ragazzi. E infatti non è una fiaba, ma una storia che, in certi momenti, disorienta volutamente il lettore perché originale e di sicuro fuori dagli stereotipi di un genere fantastico.
Allinizio cè un omicidio, ma lassassino non ha la pallida idea di essere stato lui. E già qui cominciano a farsi strada dubbi ed interrogativi. Segue poi la decisione del principino di abbandonare moglie e figlio ( anche lui dal nome strano, Vologeso) per vivere dentro una cisterna, di vetroresina collocata in un fossato/canale. A far visita allo stizzoso e insofferente abitante si alternano una fornaia che oltre a portargli i panini ha le ali e può volare verso il cielo in cui conduce un povero intristito e malconcio fulmine che non ha più la forza di salire in alto; due coniugi che cercano di riportare Robertino coi piedi per terra, ossia abbandonare stranezze degne di uno psicopatico.
NON MANCANO dialoghi e patti con nutrie che si introducono nella cisterna e chiedono cibo al principino e zanzare che con ragionamenti che non fanno una piega, spiegano limportanza che ha per loro succhiare un po di sangue umano. Si tratta di una storia fra fiaba e gioco in cui, fra sogghigni, incisi e qualche fugace immagine concreta, non si sa più fino a che punto l'autore voglia provocare o divertire e in cui ogni stranezza viene puntualmente proposta come qualcosa di logico e curiosamente in bilico fra realtà e assurdo. Un teatro, dunque. Umberto Pasqui da burattinaio, manovra i fili dei suoi personaggi e fa compiere loro le più impensate ed originali acrobazie di dialoghi e di movimenti. La storia si dipana con un linguaggio asciutto, rivolto allessenziale con espressioni ( e anche terminologia) sempre al limite fra serioso e improbabile.
SE IL LIBRO di Umberto Pasqui Gli strani casi del principino Vanostemma fosse un quadro (come lo è quello di Enzo Pasqui riprodotto nella copertina) potremmo definirlo surreale perché intreccia, con straordinaria carica fantastica, il reale e ciò che può essere il prodotto solo di unimmaginazione che vola fra le nubi dellinverosimile e del magico.
Partiamo dal nome del principino (che poi principe non è) di Malmissole e Roncadello: Robertino Consalvo Maria Vanostemma, nome complesso e lontano da quelli che possono far parte di una fiaba per ragazzi. E infatti non è una fiaba, ma una storia che, in certi momenti, disorienta volutamente il lettore perché originale e di sicuro fuori dagli stereotipi di un genere fantastico.
Allinizio cè un omicidio, ma lassassino non ha la pallida idea di essere stato lui. E già qui cominciano a farsi strada dubbi ed interrogativi. Segue poi la decisione del principino di abbandonare moglie e figlio ( anche lui dal nome strano, Vologeso) per vivere dentro una cisterna, di vetroresina collocata in un fossato/canale. A far visita allo stizzoso e insofferente abitante si alternano una fornaia che oltre a portargli i panini ha le ali e può volare verso il cielo in cui conduce un povero intristito e malconcio fulmine che non ha più la forza di salire in alto; due coniugi che cercano di riportare Robertino coi piedi per terra, ossia abbandonare stranezze degne di uno psicopatico.
NON MANCANO dialoghi e patti con nutrie che si introducono nella cisterna e chiedono cibo al principino e zanzare che con ragionamenti che non fanno una piega, spiegano limportanza che ha per loro succhiare un po di sangue umano. Si tratta di una storia fra fiaba e gioco in cui, fra sogghigni, incisi e qualche fugace immagine concreta, non si sa più fino a che punto l'autore voglia provocare o divertire e in cui ogni stranezza viene puntualmente proposta come qualcosa di logico e curiosamente in bilico fra realtà e assurdo. Un teatro, dunque. Umberto Pasqui da burattinaio, manovra i fili dei suoi personaggi e fa compiere loro le più impensate ed originali acrobazie di dialoghi e di movimenti. La storia si dipana con un linguaggio asciutto, rivolto allessenziale con espressioni ( e anche terminologia) sempre al limite fra serioso e improbabile.
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