{{IMG_SX}}Forlì, 26 giugno 2008 - La diagnosi è angosciante: ischemia miocardica acuta. A pronunciarla è una cardiologa di Forlì. Davanti a lei c’è la paziente, Nicoletta Cera, 38 anni, consulente del lavoro, sposata, madre di due figli piccoli. "Deve subito farsi ricoverare in ospedale", dice la cardiologa. La situazione sembra grave. Nicoletta, giunta in ambulatorio con la propria auto, non sembra più in grado di guidare. Chiama allora la madre. La donna, che attende nello studio della cardiologa, è pallida, affaticata. La madre arriva. Insieme partono per il Morgagni-Pierantoni.

Viale Salinatore, qualche minuto più tardi: è circa l’una di lunedì pomeriggio. Nicoletta sta male, s’accascia sul sedile del passeggero. La madre accosta sul lato della carreggiata. Si ferma. "Nicoletta, Nicoletta!", grida. La figlia replica con un esile gemito. Poi il silenzio. Passa una pattuglia dei carabinieri di Forlì. I militari intuiscono la gravità del momento. Si fermano. Cercano loro stessi di rianimare la donna. Arriva l’ambulanza. E’ tutto inutile: Nicoletta muore, sotto gli occhi della madre.

Una tragedia, che ora conta due indagati: la cardiologa e la dottoressa medico di base di Nicoletta. Per entrambe l’ipotesi d’accusa è omicidio colposo. Secondo i primi riscontri, la posizione del medico di base appare molto marginale: è stata indagata in modo formale solo in quanto pubblico ufficiale che ha in carico la salute della vittima. Tutto da verificare nella sostanza invece il ruolo della cardiologa. A gettare un primo cono di luce sulla trama sarà l’autopsia, che verrà eseguita stamattina all’ospedale dall’anatomopatologa Elke Otto.

Il fascicolo, dal posto di polizia dell’ospedale è giunto sul tavolo del sostituto procuratore della Repubblica di Forlì, Filippo Santangelo. A lavorare sul caso c’è il sostituto commissario Claudio Di Marco. Il referto medico stilato dalla cardiologa è stato sequestrato. In quelle carte sta il fulcro dell’indagine. Gli investigatori vogliono capire soprattutto una cosa: si poteva attuare una procedura diversa da quella seguita dalla cardiologa? Ovvero: se l’ischemia miocardica acuta era così grave, perché — ipotizzano gli inquirenti — non chiamare allora un’ambulanza?