Forlì, 8 luglio 2012 - PROFUMO sospetto. Bigliettini strani. Cellulare staccato. Alé... c’è un’altra nella sua vita, o un altro. Tradimento... Perché si tradisce? Perché, in molti casi, si decide di mettere a repentaglio un progetto di vita? Evasione? Patologia? Ne parliamo con la psicologa forlivese Raffaella Cortini. Ciò che emerge, in un contesto di principi precari, è una forma di evasione molto poco innocente (facendo il verso a Lucio Battisti). Anzi, salvo casi sempre più rari di ‘vitellonismo’, il senso di colpa spesso manda dritti in terapia...
 

Dottoressa, partiamo dai numeri. Tradiscono più gli uomini o le donne?
«In base alla mia esperienza le donne. O, almeno, sono più i casi di donne che vengono in terapia».
Perché?
«Perché la donna è più riservata. Ha meno luoghi di sfogo. L’uomo in molti casi ha la comprensione degli amici».
Riavvolgiamo il nastro, perché si tradisce?
«Gli elementi sono tanti. Spesso per paura, paradossalmente, della troppa intimità richiesta da un rapporto di coppia. Per paura di una relazione stabile. Il più delle volte alle spalle di chi tradisce c’è un infanzia segnata da relazioni strette non positive.
Gli artigli del senso di colpa arrivano sempre?
Da quello che ho visto io, sì. Salvo casi sporadici, molti vengono in terapia perché incapaci di portare il peso. Il senso di colpa diventa ingestibile. Opprimente».
E la ‘vittima’?
«Si produce una ferita narcisistica. Una ferita nell’orgoglio. Sorpresa, dolore, rabbia, paura. Può accadere che sconforto e smarrimento conducano anche alla depressione. Il tradimento subìto è assimilabile a un lutto da elaborare».
... E un progetto di vita che va all’aria.
«Nella relazione una persona investe tantissimo. In alcuni casi anche tutta se stessa. V’è un affermazione della propria identità».
E i progetti sognati nell’innamoramento?
«Nei casi di tradimento può darsi che questi progetti fossero ormai assenti».
Pare che questo ‘libertinismo’ coinvolga ormai anche le giovani generazioni...
«Il messaggio che chiunque può fare ciò che vuole è filtrato. Siamo una società border line, con pochissimi freni. Il tempo di Freud è passato. Epoca conflittuale ma dove erano chiari i poli di ciò che era permesso e vietato».
Esiste il traditore seriale?
«Esiste il seriale, e questo può avere tratti patologici. Ma esiste anche il tradimento una tantum. Nelle persone di mezza età, colte a volte da regressione adolescenziale, la ‘scappatella’ può essere episodica».
La serialità come malattia?
«Attenzione, ho detto che può avere tratti patologici. Il più delle volte è una persona, uomo o donna, che ha bisogno di continue conferme narcisistiche. Si può parlare di vuoti interiori».
La donna tradisce per amore e l’uomo per indole da ‘cacciatore’?
«Un mito da sfatare. Forse era così in passato. Quando c’era più repressione, autocensura. Oggi questi comportamenti sono maggiormente accettati».
Fa più male la ‘flagranza di reato’ o la confessione a cuore aperto?
«Non saprei dire. Spesso accade che è la parte che tradisce a lasciare tracce, indizi. Un modo per dire che è finita. Ma anche un modo per scaricare parte del peso sul partner».
Le reazioni alla scoperta possono essere violente?
«Nei soggetti non abituati a confrontarsi con le proprie emozioni è possibile. Soprattutto in estate».
In estate?
«E’ caldo, cambiano i ritmi e le abitudini. In genere si reagisce peggio agli eventi negativi».
Perdonare si può?
«E’ un percorso difficile ma necessario se si vuole andare avanti. Senza, il destino del rapporto è segnato».

Mattia Sansavini