Covid, emergenza all’epilogo "L’Oms è fiduciosa? Giusto, ormai è un’infezione comune"

Il professor Francesco Cristini, primario di Malattie infettive, spiega la situazione del virus: "C’è e ci sono ancora ricoverati, ma come per le altre patologie. Il pericolo è per i fragili".

Covid, emergenza all’epilogo  "L’Oms è fiduciosa? Giusto,  ormai è un’infezione comune"

Covid, emergenza all’epilogo "L’Oms è fiduciosa? Giusto, ormai è un’infezione comune"

di Fabio Gavelli

"Non c’è motivo di pensare che le affermazioni di Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, non si applichino anche all’Italia: in effetti anche in Italia i contagi calano e già nei fatti la pandemia non rappresenta più una emergenza sanitaria, a prescindere dall’attesa ufficialità dell’Oms". A Francesco Cristini, primario di Malattie infettive a Forlì e Cesena, abbiamo chiesto di fare il punto sull’agognato tramonto della pandemia da Covid.

Dottor Cristini, la scelta di effettuare il monitoraggio settimanale e non più giornaliero sta contribuendo ad affermare l’idea nella popolazione che tutto sta rientrando nella normalità?

"Credo proprio di si. Più che altro direi che la popolazione ha bisogno di normalità, dopo più di due anni di privazioni, incertezze e preoccupazioni. Ora credo sia una cosa giusta e sacrosanta che la popolazione viva una situazione di normalità".

Come va interpretato il fatto che si facciano ormai pochi tamponi?

"Le motivazioni cliniche per fare tamponi sono sempre meno. Ancora si fanno i tamponi di screening ai pazienti che sono ricoverati in ospedale per motivi vari, anche senza un sospetto clinico di infezione, quindi si intercettano casi che in situazioni normali non si intercetterebbero. Si pensi a una persona che a casa sua ha un po’ di febbre, ma globalmente sta bene con un antipiretico e in pochi giorni guarisce del tutto. Probabilmente ha avuto il Covid-19, ma tutto si è risolto e il caso non è stato notificato. Prima o poi si finirà anche di fare lo screening a tappeto in ospedale, non vi sono più i presupposti per farlo, e si farà il tampone come strumento diagnostico standard per i casi realmente sospetti. Come per qualunque altra malattia".

Da primario ospedaliero, quali sono le maggiori differenze rispetto a quanto accadeva 3 anni fa, allo scoppio della pandemia?

"Tre anni fa esplodeva un evento sanitario globale che non si vedeva da un secolo, una pandemia sostenuta da un virus aggressivo, che causava spesso una malattia grave e che ha incontrato una popolazione totalmente suscettibile. Oggi la malattia Covid-19 continua a esistere, forse esisterà per sempre, chi lo sa, ma è diventata una infezione comune. La sua gravità è infatti nettamente ridotta, per varianti virali meno aggressive e popolazione più protetta grazie ai vaccini e alla immunità naturale acquisita dalla infezione, nonché alla disponibilità di farmaci. In Malattie Infettive e in altri reparti dell’ospedale di Forlì vi sono ancora casi ricoverati, pochi, soprattutto soggetti immunodepressi, che sono quella popolazione che ancora si può ammalare in modo serio. Dopotutto le persone fragili sono a maggior rischio di gravità per qualunque infezione, non solo per Covid-19".

Questo inverno è tornato alla ribalta il virus dell’influenza.

"I virus coabitano, quest’anno lo hanno fatto; non solo, insieme anche al virus respiratorio sinciziale. In un mondo che vive normalmente le probabilità di contagio ritornano quelle di una volta. Sono pertanto fisiologicamente ritornate le infezioni stagionali che accompagnano l’uomo da sempre".

Cosa si attende nei prossimi mesi in merito agli ultimi strascichi del Covid?

"La pandemia purtroppo ci ha insegnato a essere molto prudenti sulle previsioni per il futuro, di anno in anno abbiamo pensato che tutto stesse finendo, e invece ci sbagliavamo. Le affermazioni ufficiali del direttore generale dell’Oms sono sempre molto ponderate e basate sui dati scientifici, quindi non ci sono dubbi che lo siano anche quelle recenti relative a una imminente fine della emergenza sanitaria globale. E ricordiamoci che in ogni caso le grandi istituzioni sanitarie internazionali e nazionali continueranno a fare il loro lavoro di monitoraggio delle malattie infettive, nell’interesse della salute collettiva".