VALENTINA PAIANO
Cronaca

Giardini Dino Amadori. L’omaggio all’oncologo: "Un grande uomo sensibile verso i malati"

Da ieri l’area verde del San Domenico ha il nome del fondatore dello Ior. Il sindaco Zattini: "Se continuo a vivere, lo devo a persone come lui".

Da ieri l’area verde del San Domenico ha il nome del fondatore dello Ior. Il sindaco Zattini: "Se continuo a vivere, lo devo a persone come lui".

Da ieri l’area verde del San Domenico ha il nome del fondatore dello Ior. Il sindaco Zattini: "Se continuo a vivere, lo devo a persone come lui".

Un angolo di Forlì custodisce la memoria di chi ha fatto della cura una vera missione di vita. Ieri, nel giardino di fronte ai Musei San Domenico, è stata svelata l’epigrafe in ricordo del professor Dino Amadori, oncologo forlivese scomparso nel 2020. Ricercatore visionario, artefice della nascita dello Istituto Oncologico Romagnolo (Ior) e dell’Irst di Meldola, fu tra i primi a credere nella medicina del futuro: quella che previene, che ascolta, che cura con umanità.

"Ci ha lasciato in eredità – spiega Mario Pretolani, vicepresidente dello Ior –, una struttura che è una vera e propria ‘macchina da guerra’ nell’assistenza ai pazienti e nella raccolta di fondi per sostenere la ricerca e l’acquisto di attrezzature. Ma il patrimonio più prezioso che ci ha trasmesso è la sua sensibilità verso i malati". Alla cerimonia di scoprimento della targa erano presenti, tra gli altri, il prefetto Rinaldo Argentieri, i sindaci di Meldola e Predappio (Roberto Cavallucci e Roberto Canali), oltre ai consiglieri regionali Valentina Ancarani (Pd) e Luca Pestelli (Fratelli d’Italia). Ha partecipato anche l’attuale direttore scientifico dell’Irst, Nicola Normanno.

"Aveva uno dono straordinario – ricorda con affetto Oriana Nanni, direttrice della Biostatistica dell’ospedale meldolese – era capace di mettersi nei panni dei familiari e dei pazienti ascoltando paure e speranze. Alle istituzioni si rivolgeva con fermezza quando c’era una buona causa da portare avanti. La sua empatia, la pacatezza d’animo lo rendevano un grande uomo". La targa commemorativa è stata poi benedetta da don Saverio Licari.

"Il sindaco ha bruciato le tappe per intitolare il giardino a mio padre – spiega commosso Giovanni Amadori, figlio e presidente dell’Associazione Dino Amadori, nata dopo la scomparsa del medico forlivese –. Come associazione, viviamo questo giorno come un nuovo inizio: il giardino è un luogo simbolico per riconoscere la città a nuova Capitale della cultura 2028. Un traguardo che si può raggiungere facendo rete con il mondo del volontariato, unendo le forze".

Anche Andrea Amadori, figlio dell’oncologo forlivese e affermato ginecologo, ha voluto rendere omaggio al padre: "Questa non è solo un’area verde ma un luogo dove s’intrecciano memoria e bellezza. Mio padre ha sempre praticato la medicina come l’arte della cura, capace di vedere la persona prima ancora della malattia. Ha camminato sempre con dignità senza mai dimenticare le sue origini. Aveva scelto il silenzio dell’impegno e come un artista che plasma la materia così lui cercava di plasmare la speranza, come un pittore interpreta la luce, lui lo faceva con le storie dei pazienti".

A concludere la cerimonia, è stato il primo cittadino di Forlì, Gian Luca Zattini: "È stato un maestro e un amico, a cui devo moltissimo. Scelse di diventare medico per dare un nome a una malattia che, all’epoca, non si poteva nemmeno pronunciare – il ‘brutto male’ –, quando l’oncologia occupava solo poche righe nei libri di medicina. Amadori ha sempre messo al centro il bene comune: vedeva nella Romagna un ‘corpo unico’ e l’Irst è una delle conquiste più grandi per la sanità. Da ex paziente, se oggi posso continuare a vivere, lo devo a professionisti come lui".