SOFIA NARDI
Cronaca

Grazie a Leone XIII sono nate (anche qui) le casse rurali e artigiane

di Romano Baccarini * Nelle elezioni dei nuovi Pontefici – ne ho vissute tante – c’è sempre stato qualcosa di imprevedibile e...

di Romano Baccarini *

Nelle elezioni dei nuovi Pontefici – ne ho vissute tante – c’è sempre stato qualcosa di imprevedibile e di strano ma questa volta abbiamo superato veramente ogni limite: nessun vaticanista, per quanto preparato, poteva immaginare – soprattutto dopo la ridicola pagliacciata di Donald Trump nei panni da Papa – che venisse eletto un cardinale statunitense, seppur di origini plurime europee e di esperienza missionaria peruviana.

Insomma, quella del nuovo Papa, è stata un’elezione imprevista e obiettivamente imprevedibile eppure, a cose fatte, è apparsa a tutti come dire scontata, perché si è capito che era stata preparata da tempo e, dunque in assoluta continuità con Papa Francesco, e nello stesso tempo coraggiosa e innovativa. Oserei dire anzi provvidenziale, come quella di Leone XIII, del quale evidentemente il nuovo Pontefice vuole essere un erede e un continuatore.

Una scelta oltremodo coraggiosa e strategica che mi sembra, obiettivamente, in linea con il periodo burrascoso che stiamo vivendo. Come preveggente – anzi provvidenziale – fu la scelta di Leone XIII che ebbe il coraggio di chiudere la vicenda del "non expedit" (che vietava ai cattolici di candidarsi in politica) e di riconoscere così di fatto il Risorgimento Nazionale e lo stato unitario. E a rilanciare la sfida della Rerum Novarum.

I cosiddetti ‘preti leonini’ predicarono in prima persona (soprattutto in Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, bassa Lombardia e bassa Sicilia) la grande ‘summa’ sociale ed economica della Rerum Novarum. E la realizzarono concretamente, fondando Casse Rurali ed Artigiane contro l’usura dilagante, leghe democratiche (sindacati), case del popolo (circoli) e ricoveri per i reduci della Prima Guerra Mondiale formando così una nuova classe dirigente che secondo la brillante intuizione di Roberto Ruffilli per la ‘legge del contrappasso’ sarà cosi vaccinata anche contro il virus del clericalismo.

Una questione, questa della laicità, che è di estrema importanza, perché quella classe dirigente laica e preparata sarà nel secondo Dopoguerra la vera spina dorsale della Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi. E questo la dice lunga non solo in merito alla scelta della Repubblica e alla stesura della Carta Costituzionale. Per dirlo con chiarezza, la Prima Repubblica, gestita da governi di coalizione tra la Dc e i partiti minori (fra tutti il Pri di Ugo La Malfa), con un quadro politico sempre aperto al sano compromesso, nonostante i venti gelidi della Guerra Fredda, ha trasformato in pochi decenni l’Italia da un paese agricolo, di un’agricoltura di pura sopravvivenza, in una realtà economica di primissimo piano a livello internazionale. Da celebrare, comunque, è soprattutto lo status dei lavoratori, un equilibrio sociale che aveva ormai la parità dei punti di partenza, secondo la logica che sviluppo economico e coesione sono due fratelli siamesi: se c’è uno c’è anche l’altra, ma se manca lo sviluppo, manca anche la coesione sociale. Lo stiamo vivendo nel lunghissimo tramonto della Seconda Repubblica, col crescente e inevitabile astensionismo dalla urne.

* ex deputato della Democrazia Cristiana