VALENTINA PAIANO
Cronaca

In un anno 141 fumatori in cura: "Ma l’80% smette o diminuisce"

A 20 anni dallo stop nei locali pubblici, il 28% dei romagnoli ha ancora il vizio: sempre più donne

A 20 anni dallo stop nei locali pubblici, il 28% dei romagnoli ha ancora il vizio: sempre più donne

A 20 anni dallo stop nei locali pubblici, il 28% dei romagnoli ha ancora il vizio: sempre più donne

Fino a vent’anni fa, nonostante fosse ormai chiaro che le sigarette procurassero danni alla salute, fumare era ancora parte integrante della vita quotidiana. Nei ristoranti, nei bar, negli uffici, la ‘nebbia’ grigiastra accoglieva gli avventori con il suo inconfondibile odore e le sigarette circolavano senza restrizioni, accettate come un’abitudine normale. La legge Sirchia del 2005 ha segnato una svolta decisiva, introducendo il divieto di fumo nei locali pubblici e aprendo la strada a una maggiore tutela contro il fumo passivo.

A distanza di due decenni, è lecito chiedersi: la norma è riuscita a far perdere il vizio agli italiani? Secondo gli ultimi dati disponibili, in Romagna il 28% dei cittadini tra i 18 e i 69 anni continua a fumare (una percentuale che si è ridotta di pochi punti rispetto al passato) e superiore alla media regionale, che si attesta al 24%. Non solo ‘bionde’: il 20% di questi consuma solo sigarette tradizionali, il 3% predilige altri strumenti, in particolare i dispositivi elettronici, mentre il 4% fa uso di entrambe le opzioni. La novità, però, è l’aumento del numero di donne fumatrici da allora: ormai il 22% delle emiliano-romagnole fuma, un trend in crescita rispetto a quello registrato tra gli uomini, per i quali il tasso è in calo (26%).

La legge ha avuto il merito di favorire un netto miglioramento per la qualità di vita di chi non consuma nicotina: "Il fumo di seconda mano – spiega Federica Righi, responsabile dei percorsi di cura del tabagismo dell’Ausl Romagna sede di Forlì – è stato riconosciuto come una delle principali fonti di inquinamento atmosferico interno. La Legge Sirchia ha, quindi, rappresentato una tutela importante per il diritto alla salute di chi non fuma, riducendo l’esposizione al fumo ambientale". Nello specifico l’uso di tabacco è causa nota o probabile di almeno ventisette malattie: "Tra le quali – sottolinea la dottoressa – broncopneumopatie croniche ostruttive e altre patologie a carico del sistema respiratorio, cancro del polmone, alla vescica e altre forme di tumori, cardiopatie e vasculopatie". Un onere anche in termini di sanità pubblica: "Secondo il Ministero della Salute, si stima che in Italia nel 2024 siano attribuibili al fumo oltre 93mila morti con costi pari a più di 26 miliardi di euro".

A livello locale, sono in aumento le persone che si rivolgono alle strutture territoriali per abbandonare quest’abitudine. "Solo nel 2024, il nostro servizio a Forlì ha avuto in carico 141 persone, un numero quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente, con una prevalenza di donne e un’età media di 59 anni. I percorsi di cura – dichiara la referente – stanno mostrando buoni risultati: più dell’80% dei pazienti riesce a ridurre significativamente o a sospendere il consumo di sigarette". Emerge però una nuova sfida: l’aumento dell’uso di dispositivi alternativi, come le sigarette elettroniche e a tabacco riscaldato. "Studi recenti suggeriscono che possano essere dannosi, esponendo gli utenti a livelli più elevati di nicotina e a una varietà di sostanze chimiche tossiche, alcune delle quali con effetti cancerogeni", conclude Righi.

Valentina Paiano