di Serena D’Urbano
La parola che più ricorre nei discorsi di Walter Turci, alias Nonno Banter, è ’tempo’. E quasi sempre si stratta di tempo da donare. Perché lui, falegname classe ’57, come ricorda il logo della sua associazione, ora è al servizio degli altri, bambini in primis. Con i suoi oltre 100 giochi di legno, interamente realizzati a mano con materiale di riuso, caricati su due furgoni, gira l’Emilia Romagna e non solo. Oggi, però, Nonno Banter ha anche una sede in via Montanari 6 a Meldola. "E’ un sasso nello stagno – dice – un obiettivo che avevamo da anni, ma sto già pensando al prossimo".
Nonno Banter, partiamo dall’inizio: perché questo nome?
"Semplice, la mia attività è iniziata per i miei sette nipoti. Il primo, Samuele, oggi 17enne, da piccolo non sapeva pronunciare il mio nome e mi chiamava Banter anziché Walter".
Lei è uno storico falegname. Continua la sua attività?
"Formalmente sono in pensione da 9 anni, ma sono ancora in regola come artigiano e finché avrò le forze andrò avanti perché il mio lavoro mi piace".
Da quanto tempo lo fa?
"52 anni. Ho iniziato a 15: una volta ti reclutavano fuori dalle scuole medie per andare a lavorare in bottega. Io sono stato fortunato. Solo che prima ero falegname e, nel tempo libero, vestivo i panni di nonno Banter. Ora è il contrario".
Quando nasce l’associazione?
"Ufficialmente nel 2019. Sulla carta siamo una trentina, operativi circa 12. Ognuno ha il suo ruolo, dalla segretaria agli autisti, alle nonne che, sul campo, sono le numero uno".
Tutti volontari?
"Assolutamente, nessuno ci guadagna niente. Con i contributi di chi ci chiama copriamo le spese, il resto va in beneficenza".
Ricevete molte richieste per i vostri giochi itineranti?
"L’anno scorso siamo stati in 140 posti diversi. Quest’anno arriveremo a 150, ma solo perché c’è stata l’alluvione altrimenti avremmo sforato le 200 località. Siamo stati all’autodromo di Imola, allo Skipass di Modena e abbiamo toccato 4 regioni diverse, dal Veneto alle Marche. Senza considerare i laboratori nelle scuole".
A proposito di tempo, dove lo trova?
"Molti usano l’espressione ’a tempo perso faccio’... Io l’ho sostituita con l’espressione ’cerco di spendere al meglio il mio tempo’. Perché se il tempo è speso bene, non è mai perso. In quello che faccio c’è un ritorno a livello sentimentale fantastico. Mi sentivo quasi in dovere di farlo".
In che senso?
"Sono fermamente convinto che la vita ti dà, ma tu devi dare qualcosa in cambio. Se hai vissuto in buona salute, hai fatto un lavoro che ti piace, avuto figli e nipoti... non puoi dire di non aver avuto. Ecco, io mi sono sentito di dare qualcosa a chi verrà dopo. Anche questa sede: non è mia. E’ per Meldola e per tutti i bambini, i genitori e i nonni che verranno. Volevo tramandare la fantasia".
Entrando in questa sorta di casa dei balocchi si ha l’impressione di fare un viaggio indietro nel tempo. Come si coniuga con l’era dei telefonini?
"Non ci crederà, ma di fronte ai giochi di Nonno Banter non si vede un solo bambino con un cellulare nelle mani. Spesso, quando giriamo per eventi pubblici, si fermano anche ragazzi grandi. E’ un’occasione unica, anche perché giochi così non saranno mai in vendita".
Non ha mai pensato di metterli in commercio?
"No, perché io con i giochi ci parlo mentre li realizzo. Quando li porto in giro e se vengono utilizzati qui per un paio d’ore, sono sempre vivi. Invece in casa c’è il rischio che dopo un po’ finiscano in soffitta, non potrei sopportarlo".
La sede di Meldola, che sarà inaugurata oggi pomeriggio, era un po’ il suo sogno. Come la utilizzerete?
"Principalmente sarà una sala giochi per chi ne farà richiesta: privati per feste di compleanno e associazioni. Ho già in mente vari laboratori che ospiteremo, non per forza di falegnameria: origami, letture, sartoria ecc.".
Un traguardo raggiunto, dunque. L’avventura di Nonno Banter ’finisce qui’?
"Non mi prenda per matto, ma a me piace sognare in grande. In un’epoca in cui si fa un gran parlare di guerre, io vorrei arrivare in piazza San Pietro con la mia ’flotta di giochi’ e organizzare un grande evento in cui far giocare tutti per la pace, con un saluto del Papa. Perché il gioco unisce. I bambini lo sanno bene: per giocare e divertirsi ci vuole almeno un compagno".