MARCO BILANCIONI
Cronaca

La Fondazione in campo per l’Irst. Gardini: "Sì al modello-Amadori. Niente tagli, ora ricerca più forte"

Il presidente di uno dei soci privati dell’istituto: "Va cambiata l’organizzazione, non l’azionariato. Avanti con l’intuizione del fondatore: sono d’accordo sia de Pascale sia Carradori dell’Ausl".

Il presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi Maurizio Gardini

Il presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi Maurizio Gardini

Maurizio Gardini, lei è presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, socia dell’Irst: come si è arrivati alla nomina di Luca Zambianchi come presidente?

"Zambianchi faceva già parte del consiglio d’amministrazione, ha partecipato a una fase un po’ difficile, maturando una buona esperienza. È un uomo di dialogo e di mediazione".

Lui era, ed è, il rappresentante della Fondazione. In una prima fase sembrava che non convincesse gli altri partner. Poi?

"Poi sono caduti i veti. Si è evitata una logica di scelte a colpi di maggioranza. Lo Ior esprimeva un consigliere, Fabrizio Miserocchi, che era anche presidente e si è dimesso. Non eravamo alla fine di un mandato, il resto del consiglio era ancora in carica: era giusto proseguire con un altro membro del cda. E lo statuto assegna ai privati il diritto di proporre il presidente ai partner pubblici che costituiscono la maggioranza".

Tempo due settimane ed entrerà in servizio anche la nuova direttrice generale Cristina Marchesi, completando così il nuovo assetto. Come si riparte?

"Siamo in una fase in cui serve un cambio di passo, una svolta".

Giovanni Amadori, figlio di Dino, ha detto: no a un Irst al 100% pubblico. Può assicurare che non si farà?

"Non si farà. L’ha detto più volte il presidente della Regione Michele de Pascale, così come Tiziano Carradori direttore generale dell’Ausl: dobbiamo cambiare il modello organizzativo, non quello societario".

Nessuno dei protagonisti ha mai detto pubblicamente che l’Irst dovesse diventare pubblico. Però era il timore di molti, non solo di Giovanni Amadori. Questa ipotesi è mai stata un’opzione concreta?

"Eravamo a un bivio. Ma se qualcuno lo pensava, ha dovuto ripiegare su un altro modello, che io definisco ’a trazione pubblica’. Ma nelle assemblee nessuno ha mai messo sul tavolo l’ipotesi di un 100% pubblico".

Concorda dunque sul mantenimento del ruolo del privato sociale?

"Dino Amadori ha curato mia madre ma non posso dire di averlo conosciuto così bene da sapere cosa pensasse... Tanti in questa fase suggeriscono cos’avrebbe fatto il prof. Io penso che vada mantenuta la sua grande intuizione originaria, con alcuni adattamenti funzionali. Ricordiamo che, diversamente da altre situazioni in Italia, il privato è rappresentato da una grande rete di volontariato come lo Ior e dalle fondazioni bancarie: l’Irst è un bene condiviso, non ci sono soggetti speculativi. Ma voglio dire di più...".

Cosa?

"Se i volontari dello Ior si muovono, penso ai banchetti con le azalee per raccogliere fondi, è perché c’è un’idea di fondo, un coinvolgimento forte. Questa originalità non va perduta".

La crisi dell’Irst è economica?

"È oggettivo che siano calate le risorse intercettate per la ricerca. È un trend di diversi anni".

Per demeriti dell’istituto o perché ci sono meno fondi disponibili?

"Leggo il risultato, non sono un tecnico. Di certo, il prof Amadori era un catalizzatore straordinario. Aggiungo che il piano strategico era debole, ora ne verrà realizzato uno nuovo, nel tempo necessario: comunque, non partiamo da zero".

Ha detto che servono degli ‘adattamenti funzionali’. De Pascale propone di allargare il riconoscimento di Irccs, ovvero di Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, a tutta la rete oncologica romagnola. La convince?

"Sì, perché se la rete di cura è già forte, va rafforzata quella della ricerca. Perché la ricerca deve correre più veloce del cancro. E la rete oncologica porterebbe anche a una razionalizzazione dei servizi. Servono forti sinergie e le dobbiamo fare. Le dobbiamo fare (lo ripete). Poi occorrerà chiedere tutti insieme a Roma il riconoscimento".

Nel 2023 il pareggio è arrivato grazie a donazioni e 5 per mille, che sarebbe stato opportuno investire diversamente. Nel 2024 grazie a un impegno diretto che l’Ausl stessa ha definito ’eccezionale’. In attesa degli effetti a medio-lungo periodo del nuovo modello organizzativo, come si farà nel 2025 e 2026?

"Del 2025 sono già passati sei mesi... L’impegno del nuovo consiglio è quello di ri-orientare il modello organizzativo. Dateci due anni. Noi saremo vigili".

La soluzione per far quadrare i conti, benché temporanea, sarà quella di tagliare?

"No. Tutti, compreso il governatore de Pascale, hanno detto che bisogna investire. L’università, che ha portato qui il corso di laurea in Medicina, ha la stessa visione: siamo candidati a essere un territorio d’eccellenza. No a logiche al ribasso, no a tagli. E vorrei dare a chi ci lavora un messaggio di responsabilità: vogliamo far progredire l’istituto".