La notte del mistero: "L’imputato era fuori casa": "Non avete prove chiare"

Udienza in Corte d’Assise per l’assassinio di Franco Severi. L’accusa si avvale della videosorveglianza. La difesa: "Non si vede la targa del veicolo".

La notte del mistero: "L’imputato era fuori casa": "Non avete prove chiare"

La notte del mistero: "L’imputato era fuori casa": "Non avete prove chiare"

Cosa c’era nel portabagagli della Fiat Panda grigia attribuita all’imputato, Daniele Severi, ritratta, assieme alla sagoma dell’uomo (mai in primo piano), dalle telecamere d’un distributore di Cusercoli, a pochi chilometri dal luogo del delitto, nel pomeriggio del 22 giugno 2022, 5 ore prima del rinvenimento del cadavere di Franco? "Un telo bianco, si vede chiaramente dalle immagini" dice il capitano dei carabinieri Giuseppe Vignola, visionando il frame sullo schermo dell’aula della Corte d’Assise.

Quindi il teste, uno dei detective delle indagini, dalle domande del pm passa a quelle dell’avvocato difensore dell’imputato, Massimiliano Pompignoli: "Scusi capitano... ma si vede la targa del veicolo dalle immagini?". "No". "E ancora capitano: nella vettura poi controllata c’era sangue?". "No". "Lei ha parlato di un tragitto alternativo dalla casa dell’imputato di Meldola al fondo della vittima, passando per Pieve di Rivoschio, che secondo l’accusa Daniele avrebbe percorso per uccidere il fratello... Lei sa se in quel tratto ci sono telecamere di sorveglianza pubblica?". "Non ne sono a conoscenza... ma mi hanno detto i colleghi che non ce ne sono...". "In realtà capitano ce ne sono quattro... E avete controllato l’alibi del mio cliente?". "Sì, vacillava, non era riscontrabile...". "Ma lì vicino a casa sua ci sono telecamere per accertare i suoi spostamenti?" "Non lo so...". "Noto che il capitano era ferrato sulle domande del pm, ma molto meno su quelle della difesa" chiosa Pompignoli rivolto alla Corte. Insomma, uno a uno e palla al centro.

Dall’udienza di ieri emerge che la moglie di Daniele lo chiama al cellulare da casa: ma l’imputato non risponde. Due telefonate scoccate da Monia Marchi in piena notte, tra il 21 e il 22 giugno ’22, ai due cellulari che usava all’epoca il marito; la prima è all’1.26, su un portatile che suona a vuoto; la seconda all’1.34, su un altro portatile sempre di Daniele, che è spento. Perché quelle chiamate? Dunque Daniele a quell’ora era fuori casa? E dove? E perché non risponde al telefono? La deposizione del detective dei carabinieri di Forlì che ha estratto il traffico telefonico e telematico dei protagonisti dell’omicidio di Franco Severi delinea uno scenario di mistero ulteriore, semmai ce ne fosse bisogno in questo enigmatico labirinto di rancore e sangue famigliare. Stimolato dal pm Federica Messina e dall’avvocato di parte civile, Max Starni, il maresciallo Luca Agozzino rivela quindi che Daniele la notte prima del ritrovamento del cadavere decapitato del fratello Franco (circa 18 ore prima) sarebbe stato fuori casa. Per quale motivo? Pompignoli poi chiede allo stesso teste: "Nelle celle telefoniche risulta esserci il cellulare di Franco?" Risposta: "No". Ma sul punto l’accusa sostiene che ciò non vuol dire che Daniele non fosse lì a casa del fratello Franco, per ammazzarlo, tagliandogli la testa. È davvero così?

Dalla deposizione dello stesso maresciallo viene poi a galla che la fototrappola rubata la notte del 9 giugno 2022 nel fondo di Franco Severi è stata poi trovata a casa dell’imputato, Daniele Severi, l’8 luglio, poco prima del suo arresto. Infine, un vicino di casa, ammonito dalla presidente Monica Galassi "per la sua reticenza", poi ammette: "Sì è vero, tra Franco e Daniele temevo che ci scappasse il morto...".

Maurizio Burnacci