Ha destato commozione nel mondo istituzionale e culturale forlivese la scomparsa di Alberto Antoniazzi, noto geologo di origine cesenate, autore di importanti studi sulla storia di Forlì. Nato a Gorizia nell’aprile del 1932 ma residente a Borello (Cesena), Antoniazzi aveva ricoperto importanti incarichi in numerosi comitati di studio: tra i tanti si ricordano quello di coordinatore del Comitato per l’erosione marina istituito presso la Camera di Commercio di Forlì e della Commissione regionale cave e torbiere; partecipò inoltre ai lavori del Comitato per la Carta dei suoli d’Italia all’Istituto di Geologia Applicata dell’Università di Firenze. A lui si devono numerose pubblicazioni geologiche, archeologiche, sismiche, climatiche e ambientali concernenti in prevalenza il territorio romagnolo, e ancora testi didattici e divulgativi di scienze geologiche e geografiche. Un curriculum enciclopedico.
A dare la notizia della scomparsa è stato il figlio Aldo, che aveva lavorato con il papà nello studio Antoniazzi prima di raccoglierne il testimone. "Il mio ‘super babbo’ ci ha lasciati – ha scritto su Facebook, dove è pubblicata una foto scattata il 2 settembre ai piedi della Marmolada –. Abbiamo trascorso qualche giorno insieme sulle Dolomiti parlando di geologia, di cambiamenti climatici e di progetti futuri. Alberto ha però deciso che era ora di mettersi a riposo davvero, questa volta".
Lo ricorda come "professionista di grande competenza e uomo gentilissimo e disponibile Luciana Prati, già direttore della pinacoteca e dei musei del Comune di Forlì, che con Antoniazzi ha condiviso "un’entusiasmante stagione di scavi, scoperte, ricerche e mostre. E mi ritengo molto fortunata per questo. Alberto studiò l’idrografia antica forlivese a partire dall’epoca romana, importante per capire lo sviluppo urbanistico della città. Ricerche confluite nel volume sulla storia di Forlì curato dalla Cassa dei Risparmi. I suoi studi hanno spesso cambiato la prospettiva di conoscenza e sono stati il punto di partenza per le ricerche di altri studiosi".
Tra le tante indagini Prati ricorda quella sull’andamento del fiume Montone, il ramo del canale dei Morattini, e in particolare sugli scavi di Montepoggiolo. "Ha partecipato fin dall’inizio alle prime raccolte di superficie assieme al gruppo di appassionati che, in ricognizione sulla bassa collina di Montepoggiolo ma anche di Castiglione e Petrignone, trovarono in superficie antichissimi strumenti litici". E il sito di scavo di Ca’ Belvedere si rivelò uno dei primi insediamenti umani a livello europeo e ancor oggi il materiale prodotto è conservato e studiato all’Università di Ferrara.
"A partire dagli anni Ottanta abbiamo organizzato varie mostre proprio sulle più antiche tracce dell’uomo nel nostro territorio. Antoniazzi è stato sempre un punto di riferimento, una persona di grande competenza ma anche di una grande disponibilità a condividerla. Gentile, cortesissimo e umano, assieme al figlio Alberto partecipava volentieri a incontri pubblici sul tema. E quando presiedevo la sezione forlivese di Italia Nostra, ne abbiamo organizzati diversi".
Prati manifesta infine un auspicio. "Questo fermento di studi, di scoperte, di anni di lavoro non devono rimanere nei depositi. Se Forlì riuscirà ad avere un vero museo archeologico, questa eredità dovrà tornare in città, alla base di quella che potrà essere una narrazione bellissima, di grande suggestione".