L’incredibile storia degli Szego a Premilcuore

Presentato a Bologna il libro ‘A casa di donna Mussolini’: racconta la vera storia di una famiglia ebrea ospitata dalla sorella del duce

L’incredibile storia degli Szego a Premilcuore

L’incredibile storia degli Szego a Premilcuore

di Quinto Cappelli

Nei giorni scorsi è stato presentato a Bologna, presso l’aula magna del dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, il libro intitolato ‘A casa di donna Mussolini’, scritto da Cristina Petit e Alberto Szego, pubblicato da Solferinoe già disponibile in libreria dal 17 gennaio. La trama di questo libro, oltre a toccare anche Forlì, è ambientata in un ‘rifugio’ inatteso: Premilcuore. Vediamo il perché.

Lajos è un colto ingegnere ebreo ungherese, trasferito a Roma. Maria è una giovane italiana cattolica, dalle forti passioni sociali e politiche. La loro storia d’amore, che sboccia negli anni Trenta, è già di per sé una sfida al destino, in un Paese in cui il matrimonio tra persone di nazionalità e religioni diverse in quegli anni è molto complicato e ancor di più lo è sotto il fascismo.

Con l’inizio delle persecuzioni contro gli ebrei, la loro quotidianità di famiglia borghese e benestante, costruita con impegno a Forlì, si sgretola con impressionante rapidità. Mentre il regime dà un giro di vite dopo l’altro, Lajos perde la cittadinanza, il lavoro, infine rischia di perdere la libertà e la vita ed è costretto a fuggire da Forlì insieme alla moglie e ai tre figli, di cui uno gravemente malato.

Nella solidale Romagna, la rete del soccorso indirizza l’uomo e la sua famiglia presso una signora generosa, Edvige Mancini (nata nel 1888 e poi scomparsa nel 1952), che abita in una grande casa appunto nel paese di Premilcuore. Solo che la signora non sa che Layos e il suo nucleo famigliare sono ebrei. E gli Szegö non sanno che il cognome da nubile di quella donna così gentile è Mussolini: è nientemeno, infatti, che la sorella del duce e ospita, al piano superiore, anche un comando tedesco. L’esistenza di Lajos e Maria e dei loro bambini si fa, quindi, ancora più pericolosa e incerta. E la guerra non accenna a finire.

Ottant’anni dopo i fatti, a narrare questa storia incredibile su una panchina vicino a casa a Bologna è uno di quei tre bambini, Alberto Szegö. Dal suo occasionale incontro su quella panchina con Cristina Petit, nasceranno un’amicizia sincera e questo racconto vero "dal passo di romanzo", che intreccia storia del Novecento e lessico familiare, tragedia e speranza: un’avventura nel tempo e nella memoria.

Racconta l’insegnate Cristina Petit, che vive a Bologna come lo stesso Alberto Szego (ingegnere): "Al 90% si tratta della storia vera che mi ha raccontato Szego su una panchina e che io ho completato durante il lockdown per la pandemia". Gli autori adesso cercano contatti a Forlì e a Premilcuore per presentare il libro anche in un tour romagnolo, dopo la ‘prima’ bolognese.